Di chi è l'autonomia?
Agli inizi degli anni ‘20 del Novecento si prospettava l’autonomia della Valle d’Aosta, un auspicio che, purtroppo, fu presto inghiottito dalla dittatura fascista. Tuttavia, questa idea rimase viva durante tutto il ventennio, seppur en cachette.
In quel periodo, l’idea principale era quella di creare un’entità valdostana autonoma dal Piemonte, quindi una regione distinta e non più parte del territorio della provincia di Torino. Anche alcuni giornali nazionali sostenevano un’idea simile, come ad esempio il Corriere della Sera
del 9 agosto 1921, non opponendosi affatto all’idea di delineare i confini regionali dell’antico Ducato di Aosta sulla carta geografica italiana, riconoscendo le sue differenze etnico-linguistiche.(1)
A livello nazionale si era, dunque, innescato un dibattito interessante sulla possibile creazione di entità amministrative regionali, una proposta di riforma dell’ordinamento dello Stato propugnata dal Partito Popolare Italiano, in primis
da don Sturzo, fin dal 1919.
In Valle d’Aosta, fin dall’inizio, si manifestarono divisioni politiche sull’argomento. Non tanto sulla creazione di una regione valdostana, ma sulle capacità e modalità di gestione delle varie competenze. Ivanoe Bonomi, Presidente del Consiglio dei Ministri, dichiarò infatti il suo intento di preparare un disegno di legge per attuare un decentramento amministrativo a base regionale, soprattutto in materia di lavori pubblici, istruzione, agricoltura, sanità e assistenza sociale.(2)
Comunque sia, in Valle tutti erano concordi sul fatto che almeno i due deputati valdostani a Roma avrebbero rappresentato le rêve de nos montagnards!(3)
Ma a quale parte politica avrebbero dovuto appartenere tali “ambasciatori”?
Anche in questo caso ogni compagine dichiarava di avere le carte in regola...: Appartiendront infailliblement au parti populaire, dichiaravano gli uni, solo les Députés fermement libéraux pourraient réaliser une grande réforme régionaliste, rispondevano gli altri.
A leggerli, certi atteggiamenti sembrano gli stessi in ogni epoca; infatti, in politica ci sono sempre coloro che credono di incarnare - loro soli e solo loro - un ideale, ... l’autonomia valdostana.
Cambia il vento ma noi no...
si potrebbe dire usando le parole di una celebre canzone italiana.(4)
Purtroppo, sembra che i politici non si rendano conto che, al di là degli ideali partitici, è prioritario costruire una comunità e fornirle tutti gli strumenti necessari per raggiungere un benessere collettivo all’interno del quadro dell’autonomia regionale.
Alcuni, però, potrebbero obiettare sostenendo che solo alcuni politici sono storicamente orientati verso l’autonomia, mentre altri non sono considerati autonomisti e altri ancora addirittura osteggiano l’idea di autogoverno.
Se tutto ciò è vero, mi chiedo: perché non è stato diffuso un sufficiente senso di valdostanità in tutti questi decenni, promuovendo, attraverso le diverse sfumature politiche, un senso di appartenenza alla comunità?
(1) D’ailleurs voici comment l’adhésion du grand journal milanais nous est déjà acquise pour la proclamation de l’ancien “Duché d’Aoste” comme région à soi, autonome et indépendante de la province actuelle et pour reconnaître enfin que nous devons être les maîtres chez nous.
Le Duché d’Aoste, 14 settembre 1921. (2) Le Mont-Blanc, 23 settembre 1921. (3) Le Mont-Blanc, 14 ottobre 1921. (4) Fiorella Mannoia, Quello Che Le Donne Non Dicono
(1988).