Il cane Fopp
(2a
parte e fine)
(...)
Dopo alcune frasi di dispiacere per quanto avvenuto, la sorpresa arrivò nell’ultima parte della missiva: Gayetta veniva informato dai parenti che il cane poteva vantare una sorta di pensione di 300 livres
annue, che il padrone gli aveva legate grazie al suo ultimo testamento. L’albergatore veniva, poi, incaricato (in qualità di esecutore di quel lascito) di occuparsi direttamente dell’animale.
Fopp, questo il nome dello spaniel, era diventato così pensionario a vita dell’albergo.
La cifra disponibile per lui era piuttosto sostanziosa; basti pensare che in quell’epoca 60 centesimi erano sufficienti per un ricco pasto composto da vari tipi di carne, selvaggina e vino a volontà.
Il cane, invece, si sarebbe accontentato semplicemente di una bella bistecca al sangue e tutto il suo grog sarebbe stato rappresentato solo da acqua limpida e fresca. Un bel guadagno per l’albergatore!
A Gayetta venne in mente di ricordare quell’uomo - in qualche modo un benefattore per lui - con un qualche tipo di testimonianza, di ricordo; fu così che decise di piantare sur la tombe fraîche encore de son hôte la branche d’un peuplier d’Italie. C’est aujourd’hui le Peuplier des Capucins.
E fu così che fece: piantò sur la tombe fraîche
un bel pioppo.
Da allora il cane Fopp visse anni sereni nella considerazione e nell’affetto della sua nuova famiglia e probabilmente anche in quello degli ospiti e dei cittadini a cui veniva raccontata la storia legata all’animale.
Rispettando il lascito testamentario, i parenti d’oltremanica inviarono regolarmente ogni anno il dovuto e tutto ciò avvenne per almeno due decenni.
Certo è che la famiglia dell’inglese si era a quel punto domandata quanto potesse vivere ancora il cane. Il dubbio, insomma, si insinuò.
Lo stesso Fopp, per la verità, non fu più visto recarsi sulla tomba del padrone et voir grandir le peuplier, ma di questo in Inghilterra non si poteva certo sapere.
Purtuttavia Gayetta non aveva mai smesso di avere un cane di quella razza e con un manto più o meno uguale a quello di Fopp; il ché agli occhi dei vicini lo faceva apparire il... sosie du pensionné.
Ma, dopotutto, il problema di continuare a far credere che il cane dell’albergo fosse sempre l’originale non coinvolgeva prettamente gli ospiti o i valdostani, bensì i parenti dell’inglese che, comunque sia, facevano arrivare la somma dovuta solo a seguito di un certificato che dimostrava l’esistenza in vita dell’animale. E questo documento non mancava mai.
Fu così che gli inglesi proposero una sorta di accomodamento al Gayetta, proponendogli di chiudere tutta la questione a seguito di un versamento una tantum
di 3.000 livres.
Figuriamoci se l’albergatore rifiutò.
Quelli erano gli anni del periodo chiamato Regime del Terrore (1793-1794) e tutti i tragici fatti legati alla Rivoluzione francese avevano in vari modi coinvolto anche la Valle d’Aosta e la sua capitale e, dunque, avevano certamente anche impoverito il Gayetta (e il suo albergo), avviato verso una sicura bancarotta. Dunque quella somma l’avrebbe tratto dall’imminente naufragio economico.
E l’albero?
II pioppo continuava a crescere regolarmente; d’altronde quelli erano i suoi primissimi decenni di vita, la sua giovinezza.
C’era anche un testimone a “cantarlo”. Infatti, un vecchio cittadino - Humbert-Antoine Boggio (1754-1850), originario di Issime, ma trasferitosi all’età di 4 anni ad Aosta - amava tante volte raccontare di aver visto piantare il celebre pioppo.
Pare anche che qualcuno avesse avuto l’idea di piantarne un altro di fronte per fargli compagnia (o piuttosto in nome della simmetria), ma quella pianta dopo soli vent’anni, anche se presentava una vegetazione lussureggiante, morì improvvisamente.
Aucun souvenir ne se rattachait à lui: personne le remplaça.
Il pioppo dell’inglese, invece, sopravvisse ancora a lungo.
Fu abbattuto il 13 ottobre 1926... ma questa è un'altra storia....(1)
Il testo riportato e il resto della storia del pioppo si può leggere in Aosta, il cane Fopp e l'albero di Sherlock Holmes
(2019) di M. Caniggia Nicolotti e L. Poggianti.
L'immagine di copertina è solo evocativa.