Il fantasma della Torre dei Balivi di Aosta
Il racconto Le fantôme
è frutto dalla penna del celebre scrittore e poeta valdostano Léon-Marius Manzetti (1903-1936).(1)
Ciò che segue, invece, è una mia interpretazione dall’originale di quella narrazione, che ho ridotta e riscritta in italiano.
La storia è ambientata ad Aosta intorno all’anno 1900.(2)
Durante una notte di un freddo inverno, quando la città di Aosta avvolta dalla neve stava per addormentarsi, un curioso evento stava accadendo all’interno del Café du Commerce. Il locale era affollato di clienti e pieno di voci, fumo e odori di alcol, quando all’improvviso si sentì un pugno battere forte su un tavolo. Il rumore proveniva dalla zona in cui erano seduti quattro militari, causando un improvviso silenzio all’interno del locale.
Un artigliere di nome Martin, grande e grosso, gridò ai suoi amici: “Perché? Voi Credete negli spiriti?” e continuò dicendo: “Un uomo che si rispetti non può credere a queste cose, solo i bambini credono in queste favole”.
Il suo amico Pierre rispose: “Dimmi, Martin, domani monterai di guardia alla Tour du Baillage?” Martin rispose affermativamente. Pierre continuò, “Allora vedrai qualcosa di interessante intorno alla mezzanotte, lungo le mura che corrono accanto al ruscello chiamato Mère des Rives”. E per sfidare lo scettico artigliere, Pierre raccontò una storia che avrebbe dovuto pungere sul vivo lo scettico Martin.
“Sembra che, ogni anno, verso le 11 di sera, nella data di domani, un’ombra bianca si muova lungo le mura che collegano la Torre dei Balivi all’Asilo del Conte Crotti di Costigliole. La forma sembra quella di una donna coperta da un grande velo bianco che le scende dalla testa ai piedi, con una lampada che emette una luce fioca nella mano destra. La gente l’ha chiamata Dame Blanche, forse a causa della sua somiglianza con lo spettro degli Hohenzollern, di triste memoria.”
Martin non credeva a quel racconto.
“Scommettiamo una cena tra noi quattro alla cantine
del Pont-Suaz?” lo sfidò Pierre.
La sera dopo, Martin montò di guardia alla prigione. Era molto freddo e molti cittadini si erano recati alla pista di pattinaggio vicino all’antica torre, ma presto, nonostante fossero ben coperti, rinunciarono al divertimento e tornarono alle loro case.
Martin rimase solo nel silenzio più totale. Una civetta appollaiata sulla torre lanciò un lungo e lugubre grido, che sembrava un presagio.
L’artigliere, intrappolato nella sua garitta di legno appoggiata al vecchio muro della torre, sentiva il peso della tristezza dell’edificio su di sé. Ricordava il giorno prima, quando aveva scherzato così platealmente sulla “Dama Bianca”. Per lui, questa era solo la neve, ma si chiedeva se anche lui potesse percepire la sua presenza. Il sonno stava prendendo il sopravvento, così iniziò a fare il giro lungo le mura del carcere. Ma all’improvviso si fermò, poiché vide qualcosa che si muoveva. Una presenza si avvicinava sempre di più con una lampada in mano, e da ombra diventava fantasma.
Un grido strozzato uscì dal petto di Martin: La Dame Blanche!
In alto, la civetta aveva ripreso il suo lugubre canto. L’uomo avrebbe voluto fuggire via, ma i suoi piedi erano inchiodati nella neve, come se le sue scarpe si fossero trasformate in piombo. Non poteva più fare un passo. La “Dama Bianca” si avvicinava sempre di più. Martin voleva gridare, ma la sua gola era paralizzata dalla paura e non emise alcun suono.
Ora il fantasma era a pochi passi da lui, tanto vicino da permettergli di contemplare quella misteriosa bianchezza. La paura lo spinse a imbracciare il fucile e a sparare un colpo. Il grido di un uomo ferito riempì sinistramente la notte. Dalla paura, la civetta tacque. Il fantasma cadde nella neve come un sacco vuoto.
Un orribile dubbio attraversò la mente confusa di Martin. Gli sembrava di riconoscere quella voce. Corse verso la forma bianca accasciata ai piedi del muro.
Era Pierre, il suo amico, inerme con la fronte fracassata da un proiettile.
(1) La Vallée d’Aoste, 13 ottobre 1928. (2) L’Alpino, 26 gennaio 1900.