L’autonomismo in Valle d’Aosta
Cosa vuol dire oggi essere autonomista in Valle d’Aosta?
In genere, “autonomista” per molti vuol dire appartenere a un partito “regionalista” o alle sue successive frammentazioni, divisioni che si sono verificate soprattutto in questo nuovo millennio.
Secondo tale asserzione, però, non sarebbero da considerarsi autonomisti quei partiti che hanno riferimenti con quelli nazionali...
Detto così, tale assunto parrebbe avere una sua logica, non fosse altro che questo modo di vedere le cose crea una esclusione politica che sembrerebbe considerare in quegli “altri” i non favorevoli all’autonomia.
La domanda, a questo punto è: i rappresentanti locali di un partito nazionale sono "non autonomisti" per antonomasia? E che dire di quei politici che transitano dai movimenti "autonomisti" a quelli "nazionali o viceversa"?
Sicuramente non è autonomista quel partito o quel politico che palesa chiaramente la sua lotta contro la specialità amministrativa valdostana...
C’è da chiedersi allora - in un contesto di autonomia speciale raggiunta e in vigore da 77 anni, dove chi agisce dagli scranni del Consiglio Valle lo fa attenendosi alle norme statutarie vigenti - quali specifiche particolarità abbia tale definizione oggi.
Anche chi vorrebbe un'unica formazione che raccolga insieme tutti gli autonomisti dovrebbe spiegare per quale ragione, invece, non possano coesistere formazioni locali ("autonomiste") di matrice progressista, centrista o conservatrice. Forse l'autonomismo è un'ideologia che li conserva tutti insieme?
A mio avviso, invece, il discrimine non dovrebbe essere su chi è “autonomista” e chi no, ma - nell'alveo imprescindibile dell'autonomia statutaria
- su quali proposte di sviluppo, su quali disegni per il futuro, hanno in Valle d’Aosta e per la Valle d’Aosta le sinistre, le destre e i moderati; al di là del fatto, che tali movimenti siano delle formazioni di espressione prettamente locale oppure siano una diramazione di quelli nazionali.
Ciò detto, sarebbe più comprensibile se - oltre alla salvaguardia e all’eventuale rafforzamento dello Statuto Speciale - qualcuno con “autonomista” intendesse, invece, una forza politica "localista" (a questo punto e come detto sopra sottolineerei: progressista, di centro o conservatrice, giusto per indicare dei contenitori) il cui obiettivo sia anche quello di difendere e incrementare quell’anima particolare della Valle d’Aosta, quello spirito identitario
a lei proprio, quel particolarismo locale che ne fa un unicum.
Se allora fosse così, la questione sarebbe altra e trascenderebbe dal termine “autonomismo”.
Ci troveremmo, per l’appunto, di fronte ad un movimento politico (o a più d'uno) il cui schema ideologico è incentrato sull’identità
di una terra e per il quale lo Statuto Speciale non è certo un fine, ma un mezzo
grazie al quale procedere per continuare un percorso finalizzato a raggiungere altri obiettivi legati al soddisfacimento del pieno autogoverno e alla diffusione dei valori legati alla valdostanità.
Sentimento, quest’ultimo che ha attraversato i secoli e che non è scomparso nemmeno sotto il giogo di sovrani o calpestato dalla follia di dittatori; e, tra l'altro, è stato espresso e difeso dai valdostani in ogni momento della storia declinandolo, di volta in volta, in latino, in francoprovenzale, in francese e in italiano.
Ecco perché nel linguaggio moderno della politica essere “autonomista” avrà anche un suo valore rappresentativo, strategico e soprattutto comprensibile a tutti, ma rischia anche di apparire in qualche modo “divisivo”, poiché da qualcuno il temine viene anche strumentalizzato a fini elettorali. Non crea, dunque, quel senso necessario di comunità, di appartenenza e di condivisione e anche di confronto, valori di cui avremmo bisogno per affrontare tutti insieme il domani, passando anche dalla comprensione di cosa è l'autonomia valdostana e perché l'abbiamo.
Innanzitutto, un patrimonio di tutti...