La strana locanda di “mamma Bordeaux” di Aosta
La storia, curiosa, esce dalla penna del cavalier Charles-Frédéric Zumstein dopo che un giorno di novembre del 1841 si trovò da solo in un caffè di Aosta a sfogliare i giornali.
Ad un certo punto, come dal nulla, gli apparve di fronte un omino - la taille ne s’élevait pas au-dessus du niveau de la table de billard
- che, chiedendo con una voce sepolcrale la carità, si presentò come colui che un tempo fu il “cusiné” extraordinaire
di mère-Bordeaux.
Quest’ultima era la proprietaria di una locanda situata nel Borgo di Sant’Orso, prossima all’Arco d’Augusto.(1)
La donna gestiva un “restaurant” en plein vent: une vaste table toujours couverte d’andouilles, cervelas, de saucisses (où il entrait de tout, sauf du porc) du lard friant, des patates, frites attirait la foule affamée des exotiques et des indigènes, les jours de foires et de marchés.
Così si espresse Zumstein catturando quelli e altri i pensieri che sopraggiunsero alla sua mente dopo quell’incontro improvviso; rimembranze che lo portarono a scrivere un lungo e ironico articolo che apparve poi sul giornale Feuille d’annonces d’Aoste
del 15 dicembre 1841.
Il pezzo tratteggiava la figura di "mamma Bordeaux", una donna tutt’altro che vecchia, décrépite, horrible
e dégoûtante. “Niente di tutto ciò!”, sosteneva Zumstein.
Certo è che il quadro che il giornalista dipinse non era affatto confortante: la padrona della locanda aveva una voce mâle et nasillarde,(2)
inoltre elle était bien un peu paralitique et quasi bossue, mais aussi elle avait une certaine élégance; le peu de cheveux qu’elle avait étaient blonds; et vue à la lueur d’un quinquet, elle aurait pu passer pour jolie,(3)
fatto che in gioventù le fece annoverare numerosi ammiratori.
La sua locanda non era nient’altro che una stalla, dove tutto si presentava misero e sporco e le carni che venivano servite erano, per così dire, suspectes. Si avvaleva dell’aiuto di un cuoco anziano, un nano con la gobba, che Zumstein descrisse come una sorta di Ganimede al servizio di “Dei vestiti di stracci”.
Presso di sé, infatti, la donna alloggiava una schiera di persone di dubbio gusto che poi la sera trasformavano la “struttura ricettiva” in una sorta di sabba: urla, bestemmie, rumoreggi e baraonde assurde si avvicendavano nel caos più completo, finché gli avventori, avvolti dai vapori dell’alcol, non cadevano stremati a terra su giacigli di paglia; a volte non prima di essere stati coinvolti in qualche baruffa, lotta, o scazzottata generale in cui volava in giro di tutto e di più.
Un giorno, “mamma Bordeaux” decise di indossare alla cinta una specie di cucina portatile per servire meglio ai tavoli. Régalez-vous, messieurs, mesdames, voici les saucissons!, gridava in mezzo agli avventori. Un cane affamato, però, rubò alcune salsicce dal suo étalage ambulant. La donna, volendo rincorrerlo, finì contro una pecora che la fece rovinare a terra. Fu subito portata morente in casa; sopravvisse alcune settimane... on l’enterra par un mardi gras... hélas!
Immagine di copertina: L'arco d'Augusto nel 1832; proprietà dell'autore.
(1) A l’angle N. O. d’un mur de clôture qui se trouve au couchant du champ de foire où se tient le marché des boeufs, des béliers et d’autres bêtes à cornes si judicieusement placé au quartier du Bourg, presque en face de cet arc de triomphe.
Feuilles d’annonces d’Aoste, 15 dicembre 1841. (2) Feuilles d’annonces d’Aoste, 15 marzo 1842. (3) Feuilles d’annonces d’Aoste, 15 dicembre 1841.