L’argent ne fait pas la guerre
Ribaltando l’antica espressione c’est l’argent qui fait la guerre, potremmo utilizzare il suo significato per titolare una costante della storia della Valle d’Aosta: la fiscalità, che in questa terra fa rima con autogoverno.
E’ proprio il denaro, si potrebbe affermare, il motore primo dell’autonomia amministrativa che ha attraversato i secoli, fin da quando i valdostani si esprimevano in latino, poi in francese, quindi in italiano, ed infine in francese e in italiano; e tutto ciò mentre erano sotto il controllo del conte di Savoia, poi duca, quindi re di Sardegna e poi d’Italia; e infine, ancora oggi, con la Repubblica Italiana.
Per comprendere il motivo, è necessario risalire al 1191.
In quell’anno fu stipulata la Carta delle Franchigie, un patto tra le parti che regolava i poteri tra i Savoia e il vescovo di Aosta e, ovviamente, dietro ad essi il popolo locale, le cui libertà (diritti e doveri) erano garantite in contropartita di un donativo periodico che veniva riconosciuto al sovrano per la sua protezione nei confronti della comunità.
Questa modalità è stata rispettata fino alla fine del XVIII secolo, quando lo stato sabaudo cancellò le differenze valdostane che, per secoli, non solo a livello fiscale, avevano retto il particolare sistema amministrativo valdostano, facendo sì che la Valle d’Aosta rappresentasse qualcosa di diverso rispetto agli altri territori sabaudi.
Dopo le occupazioni francesi tra Settecento e Ottocento e il ritorno allo status quo, la regione non beneficiò più delle sue ancestrali prerogative. Anzi, fu declassata addirittura a diventare un semplice circondario della provincia di Torino.
In questo contesto si inserisce la necessità di ressusciter l’esprit de localité contre l’esprit de centralité, propugnato nel 1848 dal medico di Cogne, César Emmanuel Grappein, il quale vedeva in una Valle d’Aosta “autoamministrativa”(1)
i Comuni come perno di tutto. Territori che, così, come le province, dovevano avere regole proprie a seconda delle loro condizioni territoriali ed economiche. Questa visione differenziata, anche se molto lontano dalle concezioni moderne di zona franca, richiama l’idea di una diversa fiscalità valorizzando le varie potenzialità di ogni comune.
Con la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia nel 1860, la Valle d’Aosta riscontrò, inoltre, problemi commerciali di libero scambio lungo il nuovo confine creatosi. Alla fine dell’Ottocento, saltò dunque alla ribalta la possibilità della creazione di una “zona neutra doganale”, simile a quella che la Francia aveva pensato fin da subito per la Savoia. Una modalità che, se adottata anche in Valle d’Aosta, avrebbe permesso di evitare un ulteriore impoverimento causato dal commercio clandestino di contrabbando.
Era il 1897. Si parlò di questa proposta per un paio di anni, ma il tutto naufragò.
Nel 1913 se ne parlò di nuovo, ma lo scoppio della Prima guerra mondiale e successivamente il fascismo non lasciarono il minimo campo all’idea.
Con la fine del secondo conflitto, si tornò nuovamente a parlare di zona franca,(2)
un istituto previsto chiaramente nel progetto di Statuto Speciale valdostano proposto nel 1945 dal CLN del Piemonte e recepito il 7 settembre di quell’anno dai decreti luogotenenziali concessi alla regione dal futuro re d’Italia Umberto II.
Questo beneficio fu a sua volta inserito come possibilità per la Valle d’Aosta dallo Statuto Speciale, legge di rango istituzionale della Repubblica Italiana, varato nel 1948.
Trattandosi, però, di modalità da definirsi, le potenzialità della zona franca non furono mai pattuite tra la Regione e lo Stato. Nel 1949 fu preferito dal Governo concedere delle esenzioni fiscali su alcune merci e contingenti (zucchero, caffè, alcol, ecc.).
In breve, successivi progetti e trattazioni non portarono a risultati concreti, ostacolati anche dalla caduta delle barriere doganale previste dagli accordi europei di Schengen.
Nel 2023 vi è da registrare una nuova proposta concreta in tal senso, ma non di zona franca integrale,(3)
bensì di zone franche urbane e di montagna, proposta dal movimento politico Rassemblement Valdôtain.
(1) Termine che mi piace usare per la definizione data da Grappein relativamente all’organizzazione delle province del Regno di Sardegna: il faut dans un État des lois générales et des règlements particuliers adaptés aux localités, convenable à chaque province. Le voeu de la nature est que chaque société particulière forme un monde séparé. Il n’est de société bien administrée que celle qui s’administre elle-même. (2) E’ interessante notare che la Dichiarazione di Chivasso (19 dicembre 1943) afferma che per facilitare lo sviluppo dell’economia montana e conseguentemente combattere lo spopolamento delle Vallate Alpine, sono necessari: un comprensivo sistema di tassazione delle industrie che si trovano nei cantoni alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche e di trasformazione ecc.), in modo che una parte dei loro utili torni alle Vallate Alpine e ciò indipendentemente dal fatto che queste industrie siano o meno collettivizzate. Un sistema di equa riduzione dei tributi variabile da zona a zona a seconda della ricchezza del terreno e della prevalenza di agricoltura, foresta o pastorizia.
(3) Su questo aspetto, invece, da qualche anno si sta interessando Pays d'Aoste Souverain.