Le grandi scarpe dell’abbé
Henry
Il 22 novembre 1922, il giornale valdostano Le Duché d’Aoste
pubblicò un articolo dedicato al reverendo Joseph-Marie Henry (1870-1947), all’epoca già riconosciuto da tutti come un appassionato di montagna, abile alpinista e scrittore.
Tali erano le sue passioni che le guide di Courmayeur lo elessero guida alpina onoraria.(1)
Poiché l’articolo originale è ricco di gusto e colore, eccolo proposto tradotto in italiano:
“Chi non conosce l’abbé
Henry?(2) È vero, si chiama Joseph, ma Henry è il suo nome e cognome. Così lo conoscono in Francia, in Svizzera, in Germania, in Inghilterra; insomma, ovunque e anche altrove.
In Valle d’Aosta, si sanno solo due cose su di lui: che non segue l’ultima moda(3)
e che tutte le belle e maestose montagne che ci circondano lo conoscono e forse lo trattano con famigliarità. Infatti, c’è forse una vetta, una roccia o un truc
che non sia mai stato calpestato dalla scarpa di un uomo? L’abbé
Henry lo consacrerà con le sue scarpe grosse, perché ha scarpe grosse, e dà un nome a quelle punte che, da quando mondo è mondo, non avevano mai pensato di averne uno.
L’abbé
Henry è un vero “battezzatore” di punte. E i suoi compagni di ascensione? I suoi migliori compagni sono quelli che lo lasciano andare da solo, perché coloro che vanno troppo veloci sono cattivi alpinisti, e quelli che vanno troppo lentamente non sono migliori degli altri. C’est le principe de l’abbé Henry
(Questo è il principio dell’abbé
Henry).
Guardandolo, chi direbbe che ha un’anima da poeta? In quegli occhi di un grigio perlato, o forse di un azzurro glauco, se si ritiene ciò più poetico, si nasconde una malizia benevola, una semplice ironia che ti lascia nell’incertezza se sta scherzando gentilmente con te o se ti sta dando una lezione interessante di botanica, in cui eccelle. Perché eccelle in botanica. Assieme a tutto questo, ha un cuore d’oro, un talento distinto, un amore per il lavoro poco comune e... scarpe grosse: “scarpe grosse, cervello fino”.
L’articolo si concludeva rallegrandosi per il titolo di “Cavaliere Ufficiale della Corona d’Italia” appena conferitogli dal Governo. “Tutti lo troveranno naturale” - affermava il giornale - “solo l’abbé
Henry sarà sorpreso”.
Il 26 novembre 1947, l’abbé
Henry morì a Valpelline, comune della Valle d’Aosta posto nelle vicinanze del Gran San Bernardo, dove fu parroco dal 1903 al 1947.
Un giorno scrisse: “Voglio essere sepolto con i due miei inseparabili compagni; la piccozza e il breviario. Con la prima busserò alla porta del Paradiso, col secondo mi farò riservare un angolino dietro la porta”.(4)
Immagine di copertina: L’abbé
Henry tra Maria José di Savoia, principessa di Piemonte (la futura Regina d’Italia), e l’abbé
Jean Bonin a Valpelline nel 1938. Revue Valdôtaine, gennaio 1948, n. 1, p. 12.
(1) Le Duché d’Aoste, 16 marzo 1904. (2) In Valle d’Aosta, il titolo abbé
non è traducibile in “abate”, ma equivale all’italiano “don” o “reverendo”. (3) Il suo abito talare liso, logoro, diventò quasi leggendario. (4) A tale proposito, Umberto Pelazza chiosò: Forse per tirar fuori la pipa di nascosto da San Pietro. Neanche in Paradiso ha preteso granché. U. Pelazza, L’abbé Henry alpinista, in Revue Valdôtaine d’Histoire Naturelle, n. 51, 1997, p. 37.