Autore: Mauro Caniggia Nicolotti
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28 novembre 2024
Oro!! Antefatto. Questa storia particolare si dipana nel cuore dell’Ottocento e, pur partendo da luoghi lontani dalla Valle d’Aosta, si riversa nelle sue montagne, emergendo dal fruscio delle acque, dalle giogaie e dai fitti boschi di alcuni valloni valdostani. Il geologo francese Bertrand De Lom era un ricercatore inarrestabile, letteralmente vulcanico. Citato nelle riviste specialistiche dell’epoca, era l’artefice di numerosi ritrovamenti di minerali particolari. Le sue considerazioni, scoperte, analisi, giudizi e consulti venivano riportati e apprezzati nei consessi scientifici di tutta Europa. De Lom si occupava di vari campi delle scienze, tanto da individuare nell’Alta Loira un deposito di fossili, tra cui ossa di mastodonte e di elefante. (1) Un giorno, percorrendo la Valle d’Aosta, si imbatté nell’ennesima scoperta, che presentò nel 1841 durante una riunione dell’Accademia delle Scienze di Francia. In quell’occasione, descrisse una novella specie di minerale , chiamata Romeina , trovata nella miniera di San Marcello, in Piemonte . (2) Nel 1849 citò nello stesso luogo un altro ritrovamento: la greenovite , definita come “uno sfeno di color roseo”. (3) Le potenzialità della zona lo interessarono al punto da spingerlo a proseguire le ricerche direttamente sul posto. Era il 1850, e i sogni di ricchezza sembravano risuonare tra i fianchi rocciosi dei valloni di Saint-Marcel, Laures e Grauson, dove l’intrepido geologo francese si affaccendava tra massi e torrenti, convinto che il sottosuolo celasse tesori inimmaginabili. Instancabile, De Lom vedeva in quei luoghi più di quanto gli occhi potessero notare. Nei suoi rapporti ufficiali descriveva con entusiasmo un système de roche che si estendeva senza interruzione per oltre dodici chilometri di lunghezza e sei di larghezza, solcato da tre corsi d’acqua che attraversano i valloni di Grauson (nel territorio di Cogne), di Saint-Marcel e di Brissogne. (4) Secondo lui, i tre corsi d’acqua e i numerosi canali naturali presenti sui fianchi delle montagne, grazie alla loro inclinazione, avrebbero permesso di trasportare il materiale aurifero a valle senza costi aggiuntivi. Affiancato da altri professionisti, (5) De Lom certificò con fermezza che, lungi dall’aver esagerato ( sur l’honneur, que loin d’avoir exagéré ), le sue conclusioni erano persino più modeste rispetto alle effettive potenzialità del territorio. Davanti al Congresso Scientifico di Francia riunitosi a Orléans nel settembre 1851, De Lom affermò che la quantite d’or actuellement en circolation sur toute étendue du globe poteva essere stimata in 4 milioni di chili, per un valore intrinseco di 12.800.000.000 di franchi. Secondo lui, dopo il ritrovamento del nuovo giacimento in Valle d’Aosta, quella cifra sarebbe potuta salire à cinq cents fois . Stimava infatti una massa d’oro pari a 192 miliardi di metri cubi, valutabile in 5 miliardi e 760 milioni di franchi. (6) Epilogo. Nel 1852 un giornale neozelandese annunciò che il collega francese Le Constitutionnel , in un articolo sulle ricerche aurifere in California e Australia, aveva riportato la scoperta di oro da parte di alcuni ingegneri in Valle d’Aosta. La notizia aveva fatto affermare al giornale che mezzo Regno di Sardegna sarebbe impazzito a causa di questa scoperta. “È vero”, sosteneva un altro periodico, il Daily News , “che l’oro è stato trovato in diverse parti del Piemonte, ma il minerale estratto non sembra sufficiente a ripagare i costi della ricerc a. Quanto alla scoperta di una ricchissima miniera d’oro in territorio valdostano, non ne troviamo traccia nei giornali italiani”. (7) La questione somigliava a un classico gioco del telefono senza fili: i partecipanti, disposti in fila, bisbigliano una parola all’orecchio del vicino. La parola ripetuta da tutti fino all’ultimo giocatore risulta, nella maggior parte dei casi, sostanzialmente diversa da quella iniziale, a causa delle mille variabili che si producono nel riportare quanto sentito. E così fu anche in questo caso particolare. La notizia non era stata riportata dai giornali italiani semplicemente perché quella ricchezza non era certa, come invece prospettato con enfasi da alcuni giornali stranieri, che sembravano intravedere una “corsa all’oro” sulle Alpi. Probabilmente, all’estero qualcuno, in un vero e proprio corto circuito interpretativo, aveva anche male interpretato un avviso presente nella gazette piémontaise, qui nous fait croire que l’on ne tardera pas à exploiter la mine d’or de St-Marcel . Infatti, in base all’articolo 25 del Regio Decreto del 30 giugno 1840, il conte Victor Seyssel d’Aix e il “nostro” Bertrand De Lom, nel marzo del 1851, avevano presentato una richiesta per ottenere la concessione di quell’ipotetico filone aurifero che sospettavano esistere nei territori di Cogne, Saint-Marcel e Brissogne, à la région de L’Or . (8) Il toponimo région de L’Or e la concessione causarono una sorta di clamore mediatico. In realtà, il nome corretto è Laures ( Vallon de Laures ), la cui pronuncia e riscrittura in “L’Or”, insieme alla voglia di ribattezzare quella zona come fosse un Eldorado, fecero il resto. Il toponimo Laures non aveva nulla a che vedere con il nobile metallo: si tratta semplicemente di una variante di Arp , che significa montagna o altura. Foto di copertina: Lettera del 1850 (vedi nota n. 4). (1) Annuario Scientifico ed Industriale , anno III, 1866, p. 405. (2) Il Lucifero. Giornale scientifico, letterario, artistico, industriale , 20 ottobre 1841. (3) Enciclopedia popolare , Tomo XI, 1849, p. 852. (4) Lettera del 16 ottobre 1850, Archivio Mauro Caniggia Nicolotti, Vol. D, doc. 26. (5) Si tratta dei “signori Luogotenenti Besozzi Joseph, Grindetti Joseph e il Sottotenente Ferrari Jean, invitati dal Sig. Bertrand di Lom a venire in suo aiuto in un lavoro di planimetria riguardante il giacimento aurifero” da lui scoperto. (6) Congrès Scientifique de France , XVIII session, Tomo I, 1852, p. 72. (7) Daily Southern Cross , 30 marzo 1852. (8) L’Indépendant , 10 aprile 1851.