Veulla di Cogne
Nel 2002, in uno dei miei libri su Cogne, ho affrontato anche il tema del suo toponimo.(1)
Nelle pagine conclusive del testo, ho evidenziato come, in diversi casi in Valle d’Aosta, i toponimi che identificano alcuni capoluoghi di comuni sparsi siano oggi comunemente riconosciuti con il nome stesso del territorio che rappresentano, nonostante questa interpretazione non sia corretta. Questa situazione è evidente, prendendo in considerazione alcuni esempi come Sarre, Valsavarenche, Ayas e Cogne, località che con quei nomi non esistono. Le amministrazioni locali, infatti, sono insediate rispettivamente nei villaggi di Tissoret, Dégioz, Antagnod e Veulla.
Nel corso del tempo, a causa dell’espansione urbanistica di tali insediamenti, unita all’evoluzione parallela dei villaggi circostanti, quei capoluoghi hanno assunto informalmente il nome del proprio comune.
Nel caso della valle di Cogne, ad esempio, il centro principale era noto - e lo è ancora - come Veulla
(cioè “villaggio principale”). Secondo l’abbé
Vescoz, ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che il capoluogo était autrefois (au moins depuis 800 ans) une Villa de l’évêque d’Aoste, dont Cogne était le comté.(2)
Non a caso, una bolla pontificia risalente al 1152, con cui il Papa metteva sotto la sua protezione le proprietà della diocesi di Aosta nella valle, si riferisce all’esistenza nella zona della Villam quæ dicitur Conia.(3)
All’epoca non si trattava ancora che di una agglomerazione in cui ad una primitiva proprietà agricola, probabilmente vescovile, cominciarono ad aggregarsi altri stabili e costruzioni.
È un fatto che questa particolare denominazione toponomastica sia già rintracciabile in alcuni tra i più antichi documenti medievali, in cui il nome Cogne
è utilizzato per indicare l’intero territorio della valle anziché il suo principale centro di potere. Numerosi documenti risalenti ai secoli XII e XIII descrivono atti di cessione di proprietà e, pur individuando con abbastanza precisione il luogo esatto del bene ceduto, iniziano indicando geograficamente la posizione in conia, che significa “nella valle di Cogne” e non “presso l’abitato di Cogne”. Ad esempio, nel 1192,(4)
i nobili de Aimavilla
cedettero al vescovo di Aosta alcuni diritti che possedevano in conia a parte de lauaya insuper, cioè “nella valle di Cogne da Laval in poi”; il ponte di Laval, che all’epoca segnava il confine del dominio vescovile, dista circa cinque chilometri dal capoluogo.
La stessa logica si applica alle proprietà che i nobili di Allian possedevano agli inizi del Duecento in Conia, (...) scilicet massum Spinelli(5)
nello specifico “nella valle di Cogne, cioè il manso di Epinel”.(6)
Questo territorio feudale, in quegli anni, era addirittura indipendente da quello di Cogne.
Nel 1202, nell’atto di consacrazione della chiesa parrocchiale, è menzionata la ecclesie sancti Ursi in valle de Cognii,(7)
e tra le numerose proprietà elencate non viene mai menzionato il toponimo “Cogne”, ma solo i nomi dei villaggi e delle località circostanti: prati in valle narteis
(Valnontey), moni
(Mogne), grista
(Crétaz), grinisano
(Grauson), subtus monte cuteve
(sotto il Mont Cuc), valleli
(Valeille), ultra acqua
(Urtier), folare
(Erfolet); lo stesso documento assegna al Prato di Sant’Orso l’appellativo di campum de la villa... (prato di Veulla). Il documento si conclude così: Acta sunt hoc in ipsa valle de cogni in die consacrationis ipsius ecclesie; fatti svolti, dunque, non espressamente a “Cogne”, ma nella valle di Cogne il giorno della consacrazione della chiesa.
Se non bastasse, il vescovo di Aosta aveva l’abitudine di chiamare i suoi feudatari “uomini di Cogne”, non solo quelli del capoluogo, ma tutti gli uomini della comunità. Lo stesso vale anche quando il prelato accordò alcuni diritti alle donne della valle. Si espresse con il termine generico feminas de Cognia, garantendo ovviamente a tutte le donne della zona i privilegi concessi.
Infine, il nobile Thebaudo de Chasaleto (Chesallet), trasferitosi dal territorio di Sarre a quello di Epinel, dove fece costruire la sua torre, era dicto de Cognia;(8)
ma le sue proprietà e il suo feudo, indipendente da quello superiore di Cogne, erano a Epinel; lo stesso accadeva per il clan famigliare degli Archingereys di Epinel, detti de Cognia
e, in sostanza, per tutti gli abitanti di quella zona definiti genericamente homines de Cognia.
Nel frattempo il nome “Villa” si rafforza nei secoli.
Un documento risalente al 1354(9)
menziona i terzieri della valle: la tercia Villarii
(il capoluogo), la tercia du ladreyt
(la zona posta a l’adret) e la tercia inferiori
(Epinel).
Nei secoli, la situazione non mutò; nel 1721,(10)
quando furono designati i sindaci eletti in rappresentanza dei tre “quartieri” in cui era suddivisa la valle, furono citati i medesimi “distretti”, ossia Ville, Gimillan e Cretaz, quindi Epinel.
Inoltre, va ricordato che i cantoni che contribuiscono alla costituzione del capoluogo comunale sono ancora oggi chiamati Dessous-veulla
(parte inferiore), Meuttaneire
(zona mediana), Sonveulla
(regione più elevata), Laydetré
(cioè, al “di là dei tre” agglomerati di Veulla), come annotava nel 1873 l’abbé
Vescoz (1840-1925) nei suoi celebri scritti storico-geografici.(11)
Così si espresse, invece, lo scrittore Giacosa nel 1920: nella valle sua, Cogne è designata collo stesso epiteto col quale in val d’Aosta si designa Aosta: la Villa.(12)
Durante il mese di agosto del 2001, l’amministrazione locale, che anni prima aveva collocato all’entrata di Cogne il cartello “VEULLA
Chef-lieu de Cogne”, ha installato un nuovo cartello: “COGNE-VEULLA
Chef-Lieu”.
Mi ricordo bene di questo cambiamento. Anni prima, infatti, da alcuni turisti erano giunte lamentele affermando che sarebbe stato più opportuno indicare solo “COGNE”. In quel momento, ebbi l’opportunità di rispondere pubblicamente che sarebbe stato meglio mantenere le cose immutate. Alcuni consiglieri comunali mi contattarono per ulteriori dettagli. La mia risposta fu la stessa, ma alla fine fu scelto il “compromesso” “COGNE-VEULLA”, che in definitiva, come affermai all’epoca, non ritengo del tutto scorretto.
Tuttavia, nel mese di luglio del 2023, l’amministrazione locale ha sostituito il cartello con uno nuovo, su cui è scritto solamente “COGNE”, e in piccolo (ma solo all’ingresso) “Village de Cogne” (evidente errore nella stampa); in uscita, infatti, sempre sotto “COGNE”, è scritto in piccolo “Veulla - Chef Lieu” (che andrebbe scritto “Chef-lieu”).
Detto ciò - come ho più volte suggerito di cambiare anche “Municipio-Mairie” in “Municipio-Maison Communale” o di utilizzare solamente l’antica denominazione di “Prato di Sant’Orso” (1245) anziché “Prati di Sant’Orso” (nomenclatura che compare solo nell’ultimo secolo) - pur comprendendo le diverse sfumature della scelta “Cogne” effettuata dall’ottima amministrazione comunale, mi piacerebbe che non abbandonassimo le nostre radici. Se non possiamo fare altrimenti, cerchiamo un modo concreto per tutelare i nostri toponimi. Ad esempio, aumentando la visibilità sui cartelli stradali e creando una sorta di registro apposito per preservare la vecchia nomenclatura.
Trasmettiamola alle generazioni future.
(1) Le montagne di Cogne. Alle origini del turismo tra XIX e XX secolo, pp. 41-42. (2) P.-L. Vescoz,
Notices topographiques et historiques sur la Vallée de Cogne
in P. Malvezzi,
Le Val de Cogne, p. 35. (3) J.-M. Henry,
Histoire de la Vallée d’Aoste, p. 409. (4)
Historiae Patriae Monumenta, I, DCLXII. (5) J.-A. Duc,
Cartulaire de l’évêché d’Aoste, doc. XXXIII. (6)
Ibidem. (7)
Historiae Patriae Monumenta, I, DCCXLIV. (8) A. M. Patrone,
Liber Redditum Capituli Auguste, p. 267. (9) Archivio Storico Regionale di Aosta,
Fondo Cogne, 1, 13. (10) Archivio Curia Vescovile di Aosta,
Cogne, IIe liasse B8-25. (11)
“La Ville”. - Le chef-lieu de la commune est situé à l’angle oriental du Pré St-Ours, sur la rive gauche de la Granteivie. (...)
Il est divisé en trois quartier désignés aussi: “Dessous-ville” pour la partie inférieure; Metaneire-Ville (“Media Villa”) pour la partie du milieu, Sunville (“Summa Villa”) pour la partie supérieure. P.-L. Vescoz,
op. cit., pp. 35-36. (12) P. Giacosa,
Cogne, pp. 23-24.