Il Principato della Valle d’Aosta
Nel corso dei secoli diverse volte la Valle d’Aosta si è avvicinata alla possibilità concreta di diventare Stato. La più evidente che vale la pena raccontare risale alla fine della Seconda guerra mondiale.
Nel 1944, infatti, tra le correnti separatiste dall’Italia si fece strada anche l’ipotesi della costituzione di una repubblica indipendente della Valle d’Aosta.
Ad onor del vero, già il 1° novembre 1943 l’ingegner Lino Binel(1) ne tratteggiò le possibilità in una lettera indirizzata addirittura a Il Popolo di Aosta, organo del partito fascista repubblicano: Trattando ora “de minimis”, cioè della “repubblica valdostana o qualcosa di analogo”, ritengo profondamente ingiusto e dovuto ad ignoranza storica l’ostracismo che da troppi anni si dà a tutto ciò che è valdostano. Considero inoltre semplicemente sproporzionata la definizione di “separatista” a ogni legittima campagna di tutela di onesti interessi e diritti che si vorrebbero calpestare con agio ponendoli su un piano politico.
Sembra che il suo arresto organizzato di lì a poco trovi causa proprio in quella lettera; un mese e mezzo dopo fu rilasciato.
Idea - quella indipendentista - che fu intercettata anche dalla principessa Maria José di Savoia, figura di spicco che instaurò alcuni contatti per capire se era possibile intervenire tempestivamente e con diplomazia per suggerire l’idea di un principato come quello di Monaco e del Lichtenstein che, godendo di particolari privilegi e regali attributi, sarebbe presto assurto ad una grande prosperità.(2)
Tale prospettiva non passò inosservata nemmeno alle autorità del Regime fascista, che così la relazionò nei suoi documenti: nell’Alta Valle di Aosta circolano emissari che sarebbero stati invitati dalla ex principessa di Piemonte allo scopo di svolgere una attiva propaganda per arrivare ad una scissione di territorio che dovrebbe dar vita ad un principato a nome del figlio.(3)
La Regina, comunque, lasciò un memoriale (che, però, è segretato per vent’anni dal decesso avvenuto nel 2001), ma di cui al momento si sarebbero perse le tracce: non so dove sia
- ha dichiarato il figlio Vittorio Emanuele -, ma credo che sia in Inghilterra.
La vicenda di uno Stato indipendente è ancora tutta da chiarire. Una monarchia costituzionale che, secondo alcune fonti, sarebbe stata ben accolta, per esempio, da ambienti britannici. I quali, comunque, avevano tutto l’interesse a non farsi coinvolgere direttamente onde non turbare i delicati equilibri internazionali di quegli anni, soprattutto con gli Alleati. Probabilmente è in questi termini che va ascritta la presenza di un maggiore neozelandese - insieme a quella di un colonnello inglese - ad una riunione svoltasi a Verrès nel maggio del 1945 in casa di Eugenio Corniolo,|(4) alla presenza di Maria José e dell’amico Albert Deffeyes(5) e avente lo scopo precipuo di discutere di quelle vicende, al fine anche di salvaguardare i destini della Famiglia Reale, molto in bilico dopo la caduta del Fascismo.
Il progetto di uno Stato valdostano fu caldeggiato anche dal Gruppo d’unione Camillo Cavour, una formazione filomonarchica nata in clandestinità. Tracce del coinvolgimento di tale sodalizio si trovano anche contenute in una relazione del Partito Comunista Italiano (Federazione provinciale di Torino) datata 27 febbraio 1945. La notizia era chiara: Esiste un gruppo Cavour che vorrebbe fare della Valle d’Aosta un rifugio di casa Savoia, una specie di principato di Monaco.(6) Al progetto erano ovviamente legati diversi personaggi valdostani, tra i quali - oltre a Deffeyes - si ricorda Amédée Berthod, il quale fondait de grands espoir dans la régence de la princesse Marie-José de Piémont.(7)
La presenza di uno Stato valdostano cuscinetto avrebbe cambiato non poco la geografia sociale, politica ed economica di questa porzione del continente, anche in considerazione della notevole ricchezza rappresentata dalle risorse idriche (e quindi energetiche) valdostane. Ma di queste idee non si trovano che poche e saltuarie tracce nella documentazione storiografica ufficiale, soprattutto nei primi decenni dopo la guerra. D’altronde la possibile presenza, all’interno dei precedenti confini italiani, di uno Stato retto dalla famiglia dei Savoia come poteva essere accolta e raccontata in una repubblica che aveva sancito nella sua stessa Costituzione il bando integrale di quella casata dal suo territorio? Un confino che ha peraltro resistito per ben 56 anni, ossia dal 1946 al 2002... (8)
Pur essendo deceduta in vigenza di tale esilio, comunque, la regina Maria José chiese ed ottenne al suo funerale l’esecuzione di Montagnes Valdôtaines;(9) un tributo al suo amore per la Valle d’Aosta e per le sue montagne.
L’ipotesi di riconoscere alla Valle d’Aosta una indépendance ou au moins son autonomie complète
garantita dall’ONU fu richiesta, inoltre, anche dai valdostani di Parigi. Una questione molto delicata che aveva già coinvolto la Francia (interessata ai destini della regione) fin dai giorni successivi alla Liberazione e che fu trattata a margine della Conferenza di Pace che si svolse a Parigi tra il 29 luglio e il 15 ottobre del 1946.
La delegazione neozelandese si era offerta pubblicamente di sostenere le rivendicazioni valdostane. Forse - come anticipato - essa era già coinvolta nell’affaire
da tempo, cioè fin da quando nel maggio 1945 si stava prospettando l’ipotesi di costituire il Principato valdostano di cui si è raccontato poc’anzi. Ma probabilmente rappresentava anche gli interessi dei governi britannico e statunitense, che non volevano apparire in prima linea nel difendere rivendicazioni territoriali che potevano turbare i delicati equilibri postbellici con gli Alleati.
Nella capitale francese, però, i vari incontri che alcuni rappresentanti valdostani dovevano intavolare per ottenere la fondamentale copertura di garanzie internazionali all’autonomia valdostana diedero luogo a quasi una farsa quasi da operetta. Fallirono proprio a causa dell’impegno ambiguo valdostano, che ad un certo punto inspiegabilmente rinunciò alla partita, lasciando di stucco le legazioni della Nuova Zelanda, del Belgio e degli Stati Uniti che, in modi diversi, si erano impegnate a perorare causa per la situazione valdostana durante la Conferenza di Pace.(10)
Così finì il sogno indipendentista di quegli anni...
- Tratto da: Il teorema di Davide. Ha senso una Valle d'Aosta indipendente?
di M Caniggia Nicolotti e L. Poggianti
Note: (1) Lino Binel (1904-1981) fu antifascista, iscritto alla
Jeune Vallée d’Aoste
e tra i promotori del movimento della Resistenza. Fu arrestato insieme a Chanoux nel 1944 e poi deportato in Germania. Rientrato in Valle, contribuì a fondare l’Union Valdôtaine. (2) E. Consolo, I corrieri delle rose, p. 293. (3) R. Nicco, La Resistenza in Valle d’Aosta, p. 167 e nota 22.
(4) Nota figura di partigiano combattente e difensore dell’etnia valdostana. (5) Esponente e ideologo dell’Union Valdôtaine, che venne costituita di lì a pochi mesi. (6) R. Nicco, La Resistenza in Valle d’Aosta, p. 167 e nota 22. (7) S. Caveri, Souvenir et révélations: Vallée d’Aoste, 1927-1948, p. 94. (8) Con la legge costituzionale n. 1/2002 vennero fatti cessare a partire dal 10 novembre 2002 gli effetti della disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana che vietava ai Savoia l’ingresso e il soggiorno su tutto il territorio italiano. Vi sono, comunque, numerose testimonianze non ufficiali della presenza di Maria José in Valle durante il periodo di esilio. (9) La Stampa, 3 febbraio 2001. (10) G. Torrione, Tàppa lo ba-Buttalo giù. 1946, Valle d’Aosta tra autonomia e annessionismo. Cronaca giornalistica di un anno difficile, pp. 128-141.