Il re dell’Alpe contro il re d’Italia
La regione del Gran Paradiso, prima di essere elevata nel 1922 a Parco Nazionale, tra Ottocento e Novecento fu riserva di caccia dei Savoia. Tante volte, infatti, la stagione estiva li conduceva in Valle d’Aosta presso cui i monarchi venivano coinvolti in battute di caccia allo stambecco e al camoscio.
Tali eventi erano ovviamente un momento di grande accoglienza e di festa per le popolazioni locali, anche perché, tra le altre cose, il Re elargiva denaro un po’ a tutto e a tutti: après avoir semé à pleines mains ses largesse habituelles.(1)
Anche l’attività venatoria fruttava molto...
Nell’agosto del 1906, per esempio, Sua Maestà Vittorio Emanuele III, durante una sola settimana, era riuscito ad uccidere ben 25 stambecchi e 63 camosci. Tutto ciò con l’aiuto - ossia toute leur bonne volonté
- di battitori che fecero des prodiges de valeur
per farli sfilare davanti al suo fucile.
Quegli importanti numeri di capi cacciati non passarono certamente inosservati e qualcuno approfittò dell’occasione per farlo notare.
Sembra il caso, questo, di Juvénal Dayné a cui va una parte della cronaca giornalistica raccontata in queste righe.
Con grande tatto, egli pubblicò alcune riflessioni sullo stambecco descrivendolo come un “bell’animale che per la sua bellezza, agilità e maestà” ne devrait pas tomber sous le plomb, fut-il même royal, “ma che piuttosto sarebbe stato degno di ispirare i versi dei poeti e l’amore dei Valdostani, per i quali rappresenta una gloria”.
Poi concludeva: Mais le temps me manque aujourd’hui.
Non fu da meno un anonimo Cognein; sullo stesso giornale, nel dare anche lui notizia della partenza del Re da Cogne, si lasciò scappare un sibillino “lascerà in pace stambecchi e camosci”.
Com’è o come non è, chissà se a contribuire a dette riflessioni fu un fatto eccezionale che si verificò proprio durante le cacce.
Infatti, ad un certo punto di quelle battute agostane, uno di quei “rois” de l’Alpe, costretto assieme a tanti altri a “sfilare” a morte davanti a Vittorio Emanuele III, si ribellò a quanto stava accadendo.
Tre battitori rischiarono addirittura la loro vita cercando di calmare l’ardore dell’animale il quale si era caricato di una forza inaudita.
Uno degli uomini, infatti, fu colpito alla testa da una pericolosa cornata qui lui enfonça trois de ses boutons: il poveretto sarebbe perfino caduto in un precipizio se un collega non l’avesse prontamente fermato.
Gli altri due battitori, invece, furono violentemente scaraventati a terra et l’animal furibond s’enfuit.
Scappò, dunque, lontano in cerca della salvezza.
Nel frattempo, dalla sua garitta il Re poté assistere a quella scena pericolosa che terrorizzò tutti.
Il generale Brusati, uno dei testimoni dell’incidente, ebbe modo di dire: “Non avrei mai creduto che uno stambecco potesse essere capace di una tale reazione”...
Insomma, il Re aveva vinto (facilmente) la sua ennesima “piccola guerra” di montagna e per la chiusura delle cacce gli fu tributata la vittoria.
In suo onore fu organizzata una riuscitissima fiaccolata: un grand nombre de magnifiques lanternes vénitiennes, faites à Cogne, resplendissaient au milieu de l’obscutité de la belle nuit étoilée; e mentre un coro di Cogneinzes
intonava canzoni della tradizione locale, Sua Maestà si affacciò più volte alla finestra del suo castello a ringraziare la folla entusiasta assiepata nella piazza sottostante.
Le parole allora usate durante la fiaccolata di Vive Savoie, Cogne reconnaissante, considerata l’importanza assunta nel tempo dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, oggi potrebbero essere così trasformate: Vive bouquetins et chamois, Cogne reconnaissante...
(1) Le Mont-Blanc, 24 agosto 1906.
Immagine di copertina: Testa di stambecco (dal vero), foto Giuietti, 1925, tratta da Il parco nazionale del Gran Paradiso, Pubblicazione a cura della Commissione Reale del Parco, 1925, p. 12.