Luna di miele a Cogne
Un tempo il mondo sembrava molto più vasto rispetto a quello che pensiamo oggi.
Per questa ragione una coppia di sposi che aveva scelto Cogne come meta della loro luna di miele veniva descritta come provenire de bien loin
anche se, in realtà, giungeva solo da fuori regione.
Il viaggio di nozze di cui sopra fu organizzato nel 1905, anno in cui in quella valle - “meravigliosa e ancora troppo poco conosciuta, che coniuga la bellezza severa dei suoi monti alla dolcezza dei suoi laghi e dei valloni" - per l’appunto giunsero da chissà dove quegli ospiti innamorati.
Dall’articolo che dava notizia della loro presenza, però, essi sparirono fin dalle prime righe per lasciare spazio a un pezzo dal gusto letterario a firma di una ottima giornalista valdostana. Una Cogne che la celebre Joséphine Duc-Teppex dipinse come una Svizzera dal cielo italiano, ma che rispetto alla terra elvetica nulla aveva da invidiare.(1)
La redattrice del pezzo sosteneva addirittura che se Dante, fuggito dalle lotte della sua Firenze, fosse passato per di là e si fosse imbattuto in quel couloir étranglé, aux sombre parois de roches, battues par l’eau verte du torrent, prés émaillés de fleurs et gorges horriblement belles, sulla nudità di quelle pietre poste lungo la strada, di suo pugno, avrebbe scritto la celebre frase: O voi, ch’entrate, lasciate ogni speranza!
Dopotutto - aggiungeva ancora la donna - Cogne era già stata la meta privilegiata delle cacce di Sua Maestà Vittorio Emanuele II di Savoia che lassù aveva anche fatto restaurare il castello per farne una palazzina reale.
Da tempo, tanti turisti avevano scelto quella località per le loro vacanze; nella valle potevano godere tra l’altro di prezzi che n’y sont pas chers.
L’articolo in questione cita i due alberghi più antichi del paese: l’Hôtel de la Grivola
e l’Hôtel Royal.
In ambedue le strutture ricettive gli ospiti venivano accolti con cortesia e non avevano, infatti, da temere per la spesa.
In alternativa, i villeggianti potevano anche affittare delle camere dal signor Truc, ce grand patriarche qui a sauvé des familles entières de la ruine et du désespoir; quest’ultimo veniva descritto come un perfetto galantuomo, retto, onesto la cui reputazione aveva varcato i confini di Cogne fino all’estero.(2)
Anche il resto degli abitanti veniva considerato come molto intelligente, ma sofferente dal lato economico. Infatti, se la miniera fosse stata meglio sfruttata essa avrebbe potuto certamente rendere di più rispetto alla produzione dei pizzi al tombolo, asseriva - in ultimo - Joséphine Duc-Teppex che poi concludeva definitivamente la sua “fotografia” su quella Cogne di primo Novecento così:
Puisse un meilleur avenir, sourire aux braves “Cogneins” et les touristes et les amants, revenir toujours dans tes vallons fleuris, ô ma belle Cogne, afin qu’on puisse dire:
C’est que tout garde en toi l’empreinte de leur âme
Que tout reste imprégné d’amour et de bonheur,
Et qu’on sent frissonner partout l’ardente flamme
Qui leur brûle le coeur.
-
Et le vent qui gémit, la vague qui soupire,
L’aurore qui sourit dans le ciel enflammé,
Les voix que l’on entend, les souffles qu’on respire.
Tout dit: lls ont aimé?
(1) I corsivi di questo racconto sono tratti da Le Mont-Blanc
dell'11 agosto 1905. L’articolo di quel giornale è firmato da Joséphine Duc-Teppex (1855-1947), che per 46 anni fu alla testa del periodico stesso (si firmava anche Edelweiss) fondato e diretto assieme al marito Edouard Teppex. Joséphine Duc-Teppex fu una donna di grande cultura che combatté sempre per il progresso in ogni campo della Valle d’Aosta. (2) Jean-Boniface Truc (1830-1909) fu commerciante, sindaco ed ebbe un ruolo sociale importante nella comunità locale.
Curiosa è la foto di copertina; si tratta di una cartolina di Cogne spedita proprio in quei giorni: porta la data del 24 agosto 1905.