Una terza via per la Valle d’Aosta
di domani
Nazione
non sono le persone, ma il
territorio
Valdostani di origine
e di adozione
è una sorta di assunto etnico che persevera ancora per alcuni. Discrimine vecchio (e antipatico) che ha prodotto tante volte divisione tra gli abitanti e che, mai sanato, per taluni si è riverberato anche nella politica nelle definizioni di autonomista
e... di centralista (termine che presumo, poiché nessuno ha mai definito chiaramente un appellativo per coloro che non si considerano "autonomisti").
Oggi, in un mondo globalizzato e con una sempre maggiore mescolanza delle persone, i concetti di etnia, popolo, nazione, ecc. vanno manipolati con cura.
Sintetizzando, le scuole di pensiero sono essenzialmente due.
Una, datata, secondo la quale la nazione
(o l'etnia) è composta essenzialmente da un popolo il cui substrato antico ha determinato omogeneità di lingua, di cultura, di tradizione, ecc; l’altra, più attuale, che vorrebbe la nazione
(o un popolo
o uno Stato) solo come una sorta di patto tra le parti sociali, grazie al quale etnie e gruppi sociali diversi convivono in un territorio al cui centro di tutto sta la condivisione di una “costituzione comune”.
Tuttavia, se l’etnia
e la nazionalità
oggi non sono più fatti legati esclusivamente alla discendenza e ai legami di sangue, non si può neppure correre verso l’estremo opposto, ossia prevedere comunità legate solo ed essenzialmente intorno a freddi e impersonali patti, per quanto basati sui valori fondamentali della democrazia e capaci di coinvolgere realtà sociali multietniche come quelle odierne. Anche se questi valori sono lo scheletro su cui si regge la democrazia, manca la sostanza per dargli vita.
La materia "altra" necessaria per la costruzione di una collettività dovrebbe essere allora il sentimento; un coacervo di affezione, di comprensione, di accoglimento e, possibilmente, di adozione di un sistema di usi e di costumi che il contesto in cui si vive offre; consapevolezza
che dovrebbe appartenere a tutti i cittadini di quel territorio; poiché non è scontato che tale coscienza
appartenga già e solo a chi vi abita da sempre e non alberghi, invece, in chi vi risieda da poco tempo.
In definitiva in qualsiasi terra - Valle d'Aosta compresa
- si tratta di promuovere una terza via
in grado di ribaltare ogni altro assunto per ridisegnare il concetto di nazione di domani: stimolare in tutti gli abitanti un minimo di attaccamento per un luogo
che possiede un suo modus vivendi
e che rispettando il quale si contribuisce alla sua salvaguardia nei suoi aspetti più diversi che, con perseveranza andrebbero tramandati con la necessaria attualizzazione all’evoluzione dei tempi.
Non si tratta di folklore; rispettare la storia, le tradizioni e il “mito”, insomma il respiro di quella terra serve non solo a fini culturali, ma anche perché in questo ricco patrimonio risiedono valori che influenzano il turismo, l'economia e la società nel suo complesso. Infine, ma non meno importante, si tratta della condivisione tra tutti gli abitanti di un determinato territorio di quegli elementi necessari all'autodeterminazione della comunità stessa e, possibilmente, alla sua forma di autogoverno.
Come sostiene il filosofo scozzese Alasdair MacIntyre, la nazione
va intesa come un progetto nato in qualche modo nel passato e continuato nel tempo in modo da realizzare una particolare comunità morale che rivendica autonomia politica nelle sue diverse forme istituzionali.
In conclusione, una comunità non dovrebbe mai dimenticare il contesto territoriale in cui vive o ha scelto di vivere, e dovrebbe essere leale non solo ai principi democratici, ma anche alle peculiarità proprie del territorio, che la comunità stessa deve salvaguardare, promuovere e perpetuare nel tempo, mantenendole vive e attualizzandole.
Quindi, oggi, è il territorio a rappresentare il comune denominatore degli abitanti
- la vera nazione, si potrebbe dire - ribaltando il concetto comunemente accettato. E con questo ribaltamento arriva anche la costruzione di un senso di appartenenza collettivo, del noi. Non più esclusivo, divisivo, "nazionalista"
o da paventare contro un possibile nemico o avversario esterno, ma nella
consapevolezza di rappresentare una comunità conscia nel suo essere tale
e - proprio in quanto tale - unico decisore del proprio destino.
Guardando avanti, immagino una Valle d’Aosta che si unisce alle regioni circostanti intorno al Monte Bianco, all’interno di una futura regione europea, parte di una nuova federazione continentale costituita dalle Comunità e dai Territori. Questa visione suggerisce una maggiore cooperazione e solidarietà tra le comunità locali che si assomigliano, aprendo la strada a un futuro in cui territori simili possono affrontare insieme e meglio le sfide future.
Ma questo è un altro pensiero ancora...