Quella voglia valdostana di Svizzera
La storia ci ha raccontato molte vicende, che spesso tendiamo a confondere...
Tanti, per esempio, credono che le particolarità
della Valle d’Aosta
e la lingua francese
siano in qualche modo caratteristiche legate alla Francia, per quanto con essa i valdostani siano quasi sempre stati in guerra e solo dal 1860 vi confinano territorialmente. Lingua francese, peraltro, che in Valle è stata impiegata negli atti pubblici a partire dal 1536, vale a dire ben tre anni prima dell'Esagono.
Ancora meno si conoscono i frequenti contatti e le affinità che la Vallée
ha avuto ed ha con i territori posti oltre le Alpi Pennine; legami talmente forti da farci guardare oltre il Gran San Bernardo con un certo interesse... a tal punto che in passato la tentazione di diventare svizzeri
non è stata un episodio sporadico.
L’idea di aggregare la Valle d’Aosta alla Svizzera, infatti, è maturata più volte nel corso del tempo.
Ipotesi alle quali sono poi seguite anche delle richieste più o meno esplicite di annessione.
Ed oggi? E' ancora argomento di un qualche interesse per i valdostani?...
Per approfondire l'argomento...
La prima occasione si presentò nel XVI secolo quando la Valle d’Aosta - in un momento di guerra e di crisi politica sabauda - si ritrovò a far da sé e si organizzò praticamente come fosse uno Stato; vale a dire quando alcuni emissari svizzeri protestanti tentarono di diffondere la Riforma in Valle d’Aosta, anche in un’ottica di annessione territoriale. In quegli anni a diversi valdostani piacque l’offre de les faire alliers aux cantons suisses protestants, parmy lesquels ce duché seroit compté pour un canton.(1)
Forse quello sarebbe stato un momento propizio, considerati gli stretti legami economici e linguistici che i valdostani avevano costruito con quelle terre che da sabaude erano divenute svizzere.
Il progetto non fu portato a compimento, sia perché alla maggioranza dei valdostani non convinceva la riforma propugnata dai protestanti, sia per la ferma azione di difesa della religione cattolica ad opera del ben organizzato e radicato clero valdostano. Non a caso nel 1554 da Aosta furono presi contatti con i rappresentanti dei cinque cantoni cattolici della Svizzera (Lucerna, Uri, Schwitz, Unterwals e Zug), pregando loro di intervenire con lo Stato del Vallese al fine di evitare quelle gravi conseguenze che si sarebbero avute a seguito di una loro invasione in Valle d’Aosta.
Varie vicissitudini convinsero i vallesani a rinunciare ai loro propositi.
(2)
Un secondo avvenimento similare è databile alla fine del XVII secolo, quando i Savoia sembravano nuovamente intenzionati a sopprimere le prerogative locali.
Di fronte a questa nuova ondata accentratrice, molti valdostani si riunirono (ovviamente in gran segreto) proponendo un’eventuale richiesta di adesione alla Svizzera da perseguire nel caso non fossero state ripristinate le prerogative valdostane.
La rivolta progettata prevedeva l’occupazione del castello di Bard, quindi il controllo del passaggio con il Piemonte et puis on est dans le dessein de se donner aux Suisses.(3)
Il cospicuo donativo ai Savoia a cui furono nuovamente chiamati i valdostani costituì il prezzo per la conferma dei loro antichi diritti, facendo così rientrare ogni proposito di rivolta.
Ma cosa attirava i valdostani della Svizzera?
Sicuramente l’organizzazione di tipo confederale dello Stato elvetico rappresentava l’elemento più attraente per un popolo come quello valdostano, abituato ad operare in una relativa autonomia amministrativa.
In quest’ottica appariva perfetto un contesto di un potere forte dal basso, che potesse delegare ad un’autorità superiore la guida e alcune funzioni fondamentali; quindi delega dal basso verso l’alto, piuttosto che il contrario.
Elementi costanti nel tempo verso i quali - come evidenziato in precedenza - guardarono con grande interesse anche il dottor César Emmanuel Grappein (1772-1855) ed Emile Chanoux (1906-1944), quest’ultimo riconoscendo alla Svizzera un possibile ruolo di unificazione dei piccoli popoli del centro Europa posizionati sia a nord, sia a sud delle Alpi; e ciò in prospettiva di una futura possibile comunità europea.(4)
Fu probabilmente su questi presupposti che nuove istanze di annessione alla Svizzera si levarono verso la fine della Seconda guerra mondiale (e anche successivamente), come possibile soluzione dopo il conflitto.
Il giornale elvetico La Liberté, che si rifaceva a fonti italiane,(5) rivela che già nel giugno 1944 alcuni separatisti valdostani avevano varcato il confine per incontrare le autorità federali al fine di proporre un’annessione della Valle alla Confederazione Elvetica, la quale rigettò tale proposta, ritenendola identica a tutte quelle che venivano usualmente avanzate dai popoli confinanti sconfitti in una qualche guerra.
A fronte delle numerose voci di annessione, non è chiaro se dalla Svizzera fosse giunto un qualche tipo di incoraggiamento. Il giornale elvetico Confédéré
del 22 giugno 1945, nell’affrontare la questione valdostana aveva precisato molto chiaramente, infatti, come depuis quelques jours, nos voisins de la province d’Aoste font beaucoup parler d’eux. Nous ne prendrons parti ni pour le mouvement autonomiste ni pour le mouvement séparatiste.
Le voci su una possibile annessione alla Svizzera, comunque, non dovettero essere una semplice boutade
avanzata da qualcuno, magari solamente per mettere pressione a chi si stava occupando del destino della Valle in quei delicati frangenti.
A tale proposito, nell’ambito di una dichiarazione rilasciata il 3 ottobre 1945 dall’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, Nitti, comparvero alcuni cenni sibillini che potrebbero leggersi come riferiti all’ipotesi di pretese svizzere sulla Valle; relativamente alle cosiddette autonomie, Nitti affermava, infatti, come
di questa povera Italia ognuno vuol prendere qualche cosa. Gli stranieri (e anche nazioni minori!) avanzano aspirazioni territoriali e pretese assurde e ridicole. (...) I movimenti artificiali che furono determinati non ebbero certamente origine Italiana e nemmeno, bisogna onestamente riconoscerlo, del governo francese; ma furono però iniziative individuali non italiane.(6)
Passaggi volutamente criptici, ma che potrebbero anche essere interpretati come riferiti ad iniziative di provenienza filo-svizzera.
Non solo, perché diversi mesi dopo il già citato giornale
Conféderé
- che nel giugno 1945 si era dichiarato neutrale sulla questione - nell’edizione del 25 febbraio 1946, in merito alla richiesta dei valdostani di coinvolgere addirittura le Nazioni Unite nella salvaguardia delle loro particolarità, si mostrava preoccupato “se tale appello sarebbe stato ascoltato”, conscio della notevole rilevanza “esplosiva” che un tale pronunciamento avrebbe potuto avere sui destini delle minoranze in tutta Europa.(7)
Come sempre, però, la politica, la diplomazia e le aspirazioni delle persone seguono spesso percorsi differenti, talvolta senza riuscire a trovare una soluzione condivisa.
Se mai in quegli anni delicati la Confederazione Elvetica fosse stata realmente intenzionata ad allargare i suoi confini verso sud, l’idea venne accantonata per differenti e complesse considerazioni; non ultima anche la necessità di evitare l’apertura di dissidi internazionali con la nascente Repubblica Italiana,(8) uscita devastata dal conflitto.
In realtà l’idea di unione alla Svizzera non tramontò definitivamente.
Ancora nel 1950 e quindi in piena guerra-fredda, infatti, la stampa parlò apertamente di una tale ipotesi - che fece sensazione a Roma - in caso di entrata in guerra dell’Italia (...) au cours d’une réunion, les Valdotains ont accepté une proposition aux termes de laquelle, en cas d’entrée en guerre de l’Italie, la région autonome de la vallée d’Aoste devrait se détacher de l’Italie et demander son rattachement à la Suisse.(9)
(1) J.-B. De Tillier, Historique de la Vallée d’Aoste, p. 162. (2) J.-A. Duc, Histoire de l’Eglise d’Aoste, V, p. 399. (3) R. Nicco, La questione valdostana e la conferenza di Parigi, in Confini contesi. La Repubblica italiana e il Trattato di pace di Parigi (10 febbraio 1947), pp. 75-76. (4) Ibidem. (5) La Liberté
dell’8 giugno 1945 cita il Corriere d’Informazione
di Milano. (6) La Stampa, 4 ottobre 1945. (7) Les Nations unies prendront-elles parti pour les Valdôtains contre l’Italie? Nous ne pouvons hasarder aucun pronostic à ce sujet. Quoi qu’il en soit, s’il est vrai que les peuples ont le droit de disposer d’eux-mêmes, il faut souhaiter que cette question fasse l’objet d’une étude approfondie. Le problème des minorités est délicat entre tous, dangereux même, autant que le pire des explosifs. Les habitants de l’Europe centrale sont bien placés pour le savoir.
(8) R. Nicco, op. cit., p. 76. (9)
Rhône, 3 marzo 1950.
Fonte argomento::
M. Caniggia Nicolotti, L. Poggianti, Idee, aspirazioni e percorso di autogoverno valdostano. La lungimiranza di un piccolo popolo, pp. 68-71.