Valle d’Aosta: Pays de neutralité
Nel corso del primo Cinquecento la Valle d’Aosta fu in grado di mettere in campo una strategia diplomatica
estremamente interessante.
Efficace e risolutiva, la politica internazionale valdostana fu capace di reggere le pressioni che la guerra europea imponeva.
Il suo ruolo di corridoio di passaggio
rappresentava il principale problema per la sicurezza locale.
D’altronde, ben poco altro poteva interessare a qualche popolo nemico. Le scarse ricchezze naturali (rappresentate soprattutto dalle miniere) non erano in grado di offrire un richiamo così appetibile per degli eventuali invasori; tantomeno lo era una povera agricoltura.
L’aspra morfologia della regione - che con i numerosi colli poteva teoricamente costituire un buon obiettivo strategico - per il nemico era più croce che delizia.
Insediare uomini e mezzi in un territorio povero e difficile da controllare a causa dei suo tanti passi minori, non rappresentava in fin dei conti un richiamo così invitante.
Forse il gioco non valeva la candela, perché le superpotenze dell’epoca valutarono vantaggi e svantaggi nell’annettersi un territorio certamente importante ma forse troppo oneroso più che da conquistare, da mantenere sotto controllo.
Di conseguenza, per entità statuali già pesantemente impegnate su più fronti militari sullo scacchiere continentale, la strategia più efficace si rivelò essere quella di limitarsi a stringere accordi di reciproco rispetto: se non alleati, almeno non nemici.
Fu così che i valdostani - profondi conoscitori delle loro terre - rimasero soli a difesa del loro Paese: non tanto un corridoio di passaggio ma uno Stato-cuscinetto e neutrale, ostacolo al passaggio degli uni e degli altri.
Il ruolo giocato dai valdostani fu prettamente difensivo, ma occorreva farlo in maniera non passiva, in attesa degli eventi. Un minimo incidente diplomatico, infatti, avrebbe potuto inimicare qualcuno.
La strategia perseguita, quindi, fu di intrallacciare una serie di accordi tesi a restare fuori da ogni conflitto.
Per fare ciò fu attivata un’intensa agenda diplomatica
che, per quasi un quarto di secolo, permise alla Valle d’Aosta di restare libera, radicando al contempo un maggiore spirito identitario.
Con il regno di Francia, per esempio, furono firmati accordi di neutralità con il re Francesco I a partire già dal 1537, patto che fu rinnovato più volte (nel 1538, 1542, 1552, 1554, 1556 e 1558).
Dal trattato del 1542 siglato a Lione con il plenipotenziario del re di Francia, si viene a conoscenza che “la tregua che è stata conclusa per la durata di quattro anni eviterà al Pays
di essere invaso” (durant lequel ce pays ne doibie estre inuehy).(1)
Dal patto del 1552, sempre tra la Valle d’Aosta e la Francia, invece si legge che Enrico II (...) comme nos chers et bon amys les habitants de la val daouste nous ayent faict remontrer
(...) que ils desireroient
(...) demeurer neutres comme ils on acoustume du temps des guerre passees
(...); ou leurs procureurs et depputtes aians pouvoir souffisant quant a ce traicter et cappituler de ladicte neutralite
(...).(2)
Con la Spagna furono stipulati patti negli anni 1552, 1554 e 1556; altri diplomi risalgono al periodo di Filippo II di Spagna. Nei documenti si parla apertamente di neutralità riconosciuta in favore di los del Ducado de Aosta praetoria;(3) il governatore di Milano Gonzaga aveva soggiornato ad Aosta per l’occasione nel 1549.
Patti di “confederazione” (ossia di amicizia) furono stilati in differenti periodi anche con il Vallese; si rammenta, ad esempio, quello siglato del 1554.
Esistono anche richieste di aiuto - in caso di possibile invasione francese - rivolte al re d’Inghilterra
(1555) o all’Imperatore. Quest’ultimo l’8 maggio 1541 intervenne rinnovando agli Svizzeri il divieto di invadere la Valle d’Aosta, rivolgendo loro un severo ammonimento, avendo saputo dei loro propositi di occupazione.(4)
Così fu in quegli anni difficili.(5)
Una diplomazia, quella valdostana, che veniva segnalata dagli altri Stati come rappresentativa degli “abitanti della Valle d’Aosta” e non di qualche casata o potentato; un caso interessante.
Un bell’esempio in quell’Europa di allora in cui i valdostani seppero stringersi insieme e cooperare con l’intento di Vouloir contribuer à tous frais et charges pour la défense de la chose publique.
Essi agivano, dunque, come comunità... come un popolo.
(1) E. Bollati, Le Congregazioni dei Tre Stati della Valle d’Aosta, I, p. 257. (2) E. Bollati, op. cit.,
I, pp. 366-367, nota 1. (3) Feuille d’Aoste, 4 marzo 1862.. (4) A. Angelucci, Il tiro a segno di Aosta dal XII al XIX secolo, p. 9. (5) Testo tratto da M. Caniggia Nicolotti e L. Poggianti, Lo Stato Valdostano e la sua neutralità. Le guerre tra la Francia e l’impero (1536-1559), pp. 30-31.