Donne valdostane
Molti anni fa lo storico André Zanotto si occupò, in un interessante articolo, del ruolo giocato nella storia da una serie di donne valdostane.(1)
Religiose, nobili, combattenti o poetesse, molte di esse hanno lasciato una traccia indelebile come, per esempio, Richera, sorella di sant’Anselmo d’Aosta (1033-1109), con la quale il religioso tenne un’importante corrispondenza; oppure Ermemberge che nel 1219 assieme al marito Vuillerme Boysson, fondò ad Aosta un ospizio in via De Tillier: via ed ospizio che per secoli furono chiamati “Nabuisson” (da Domna Boysson).
Che dire, poi, delle donne di Cogne che già nel 1270 ottennero il diritto di succedere ai feudi paterni? Duecento anni dopo, invece, Catherine de Challant doveva ancora tenere testa al Duca di Savoia che non le voleva riconoscere tale privilegio.
Importante fu, inoltre, l’operato delle numerose suore, come Marie-Gasparde d’Avise (1594-1649); Marie-Louise Roncas (1606-1668), che ebbe rinomanza di santità; Cassandre de Vaudan (+1653), che dopo la morte del marito divenne monaca; o suor Marthe (1807-1882), del convento di San Giuseppe ad Aosta, che mendicava e si privava del cibo per aiutare i malati e i bisognosi; suor Giulia Nemesia Valle (1847-1916), invece, è stata beatificata nel 2004.
Non si possono, poi, dimenticare la quattordicenne Emilie Argentier, che nel 1839 scalò l’imponente pic de dix heures, montagna che, in suo ricordo, assunse il nome di Mont-Emilius, e Félicité Carrel. Quest’ultima legò il suo nome al colle Félicité: a 18 anni, infatti, aveva partecipato alla prima ascensione tutta italiana (1867) della vetta del Cervino (si fermò a cento metri da essa).
Che dire, poi, di Honorée Guichardaz che nel 1853 introdusse a Cogne la lavorazione dei pizzi?
Tra le donne di lettere, invece, vi furono Joséphine Teppex Duc (1855-1947), che per 30 anni fu alla testa del giornale Le Mont-Blanc
(si firmava Edelweiss) e le poetesse Eugénie Martinet (1896-1983) - che conobbe i più importanti poeti italiani (Gadda, Saba, Ungaretti, ecc.) -, Armandine Jérusel (1904-1991) e Tanta Neïsse, ossia Anaïs Ronc Desaymonet (1890-1955).
Tra le tante donne che contribuirono alla lotta di Liberazione e alla nascita della democrazia si ricordano, per esempio, Aurora Vuillerminaz (1922-1944) - la partigiana Lola - che venne fucilata a Villeneuve assieme a tre patrioti che aveva cercato di aiutare; Maria Ida Viglino (1915-1985), resistente e presidente del CNL valdostano; fu poi componente il primo Consiglio Valle e, per molti anni, ricoprì la carica di Assessore Regionale alla Pubblica Istruzione.
Queste poche righe sono solo un piccolo historique
che non ha alcuna pretesa di essere esaustivo, anzi.
Tante sarebbero le donne che andrebbero ricordate per il loro impegno quotidiano e per il contributo dato alla società valdostana.
Non sempre vengono raccontate le loro storie perché esse non portarono nomi illustri oppure non ricoprirono ruoli di prestigio.
Furono “semplicemente” le donne del popolo.
Come, per esempio, l’encomiabile Maria Blanchet (1863-1945) che per ben 5 anni partiva da Rhêmes Saint-Georges per scendere a Rivoli a fare lo spazzacamino; era vedova e aveva 4 figli da mantenere.
Essa non fu certo la prima, né l’ultima di quelle donne che consideriamo “eccezionali” come se quelle situazioni fossero qualcosa di raro; in realtà erano condizioni molto diffuse e a cui le donne seppero rispondere.
Tanto per citare qualche esempio, fu così per le abitanti di Issime che un tempo si recavano chaque semaine au marché d’Yvrée, quoique de 15 lieues pour l’aller et retour, pour y acheter du bled et legumes. Elles y portent sur leurs têtes du beurre, du formage, du suif et des peaux. Il loro lungo viaggio avveniva a piedi, dato che l’Intendente annotava ancora che in paese il n’y a pas non plus aucune monture.(2)
Lo stesso accadeva per altre donne di montagna le cui tante fatiche divennero celebri tanto da far forgiare in Valgrisenche e a Cogne il detto: questo è paradiso degli uomini, purgatorio delle donne, inferno dei muli.(3)
Per esempio, quando i cogneins
erano impegnati in lavori fuori Valle, le loro donne scendevano a fatica fino ad Aosta per poter vendre en cette Ville leurs fromages et betail par ces chemins affreux sur des mulets qui y sont cependant accoutumé.(4)
Secondo un viaggiatore di fine Ottocento, questo e altri tipi di veuvage forcé pendant la saison de l’alpage risultava essere très-défavorable au développement salutaire de la famille. Il turista aveva ben notato che le contadine rimanevano sole ad accudire la famiglia: vaquent à peu près seules aux travaux de l’alpage et suffisent à la besogne de la caséification, les laiteries n’étant pas très-importantes.
Dans les hauts chalets, les femmes, avec leurs habitudes d’ordre et de propreté, savent rendre leurs demeures provisoires moins affreuses, et le voyageur fatigué, qui vient y chercher un abri, peut être indulgent à l’égard de la bergère au nez épaté, aux pommettes saillantes, aux formes robustes et au sourire épanoui...(5)
Donne infaticabili, dunque, che al momento giusto si improvvisavano anche come “locandiere d’alta quota” quando i rifugi alpini non esistevano ancora.
Nell’agosto del 1825, invece, il famoso escursionista inglese William Brockedon aveva notato che nella zona del Breuil di Valtournenche si trovava una baita che apparteneva ad una donna che durante le sei settimane della breve estate restò lassù, in quei pascoli tra i più alti di Europa, con una sorella e due figli, a preparare il formaggio e il burro.(6)
Un mondo di storia ancora tutto da studiare e sottovalutato.
Donne a cui il Comune di Aosta ha intitolato tre sole direttrici viarie su 223: una via alla partigiana Aurora Vuillerminaz (1922-1944), una piazza alla crocerossina Ermelinda Ducler (1909-1943) e una strada dedicata alla Consolata.
(1) Gazzetta del Popolo, 30 marzo 1983; articolo a cui si attinge per redigere parte della prima metà di questa storia. (2) F. Negro, Amé-Louis-Marie Vignet des Etoles, Mémoire sur la Vallée d’Aoste in Sources et documents d’histoire valdôtaine (“Bibliothèque de l’Archivum Augustanum”), vol. XX tome V, p. 251. (3) S. Noto (a cura di), La Valle d’Aosta e l’Europa, vol. 2, p. 585. (4) Ibidem, p. 260. (5) P. Corradini, Dans la Vallée d’Aoste. Album d’un Alpiniste-Juillet 1880, p. 10. (6) P. Malvezzi, Viaggiatori inglesi in Valle d’Aosta, p. 85.
Nell'immagine di copertina: busto che rappresenta Joséphine Teppex Duc (1855-1947); via Festaz, Aosta.