"Hai mai sentito parlare di Cogne?"
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... Da due ore pioveva forte; le nuvole erano calate e bisogna ammettere che Cogne, in quelle circostanze, minacciò di giustificare tutti i foschi presentimenti che i nostri amici profetizzavano alla nostra arditezza di andare in un luogo così remoto e in una regione sconosciuta.
Il piccolo Hôtel de la Grivola, che non ospitava nessuno, appariva freddo e abbandonato nel cupo crepuscolo e il nostro cuore sprofondava dentro di noi. Ad un certo punto, la locandiera, di una bruttezza aggressiva, ci mostrò delle stanze spoglie. “Murray”(1)
saggiamente consiglia a tutti i viaggiatori di avvisare del loro arrivo, cosicché la donnina ci ha gentilmente rimproverato di aver trascurato questa precauzione. Comunque sia, con l’aiuto di una domestica, si è affrettata a prepararci vasche di acqua calda e ad accendere un fuoco in una delle le camere da letto per far asciugare i nostri vestiti fradici; sentivamo, dopo tutto, di aver ottenuto quanto meritavamo...
La tempesta si placò, la luna piena salì alta nei cieli. Oltre il grande villaggio si apriva un vasto prato di montagna(2)
e tutt’intorno si vedevano cime bianche e, a nord, la forma possente e bellissima del Monte Bianco.
Nei tre giorni seguenti, si sono succedute quelle giornate azzurre perfettamente limpide che si vedono solo in Italia. Momento dopo momento, si rafforzava in noi la convinzione che, sulle Alpi, Cogne rappresenti uno di quegli importanti centri completamente dotato di quei doni e di quelle condizioni naturali di cui è sempre alla ricerca il vero viaggiatore e il vero amante della natura.
Il signor Douglas Freshfield(3)
la paragona a Pontresina,(4)
ma giustamente aggiunge che Cogne eclissa quest’ultima per carattere e bellezza.
A vederlo dalla scalinata dell’albergo, il nobile semicerchio delle nevi del Grand Paradis, con i suoi diversi ghiacciai, sembra essere abbastanza vicino; a una mezz’ora di salita sulla destra della valle, si rivela invece la bella Grivola, una montagna di una così singolare individualità e delicatezza di contorni che produce un’impressione profonda e permanente nell’immaginario, simile a quella che si ha per il Cervino.
E’ visibile anche la corona delle nevi che si stagliano attorno al Ruitor, insieme a una parte della catena del Monte Bianco.
Vittorio Emanuele, che era un ardente sportivo, con rigore proteggeva il bouquetin
di queste montagne. Le strade reali per la caccia erano fatte a forma di mulattiere ben progettate, sia internamente alle valli, sia di collegamento tra di esse, fino ai colli quasi inaccessibili. Re Umberto fa mantenere quel reticolo viario ancora in buono stato; tracciati che si rivelano inestimabili anche per i contadini e per i turisti escursionisti.
L’unico inconveniente presente a Cogne sta nella difficoltà di lasciarla se non tornando ad Aosta, la cui strada si può però anche evitare grazie a percorsi alternativi agibili anche per le signore. Invece di tornare dritti a valle fino ad Aymavilles, si può per esempio valicare il Col du Drinc, una spalla della Becca di Nona.
Ci sono diversi altri passi glaciali a sud di Cogne e due colli più facilmente transitabili, ma questi sono troppo lunghi per essere percorsi in un giorno e si dice che le tappe siano praticamente impossibili. Il passaggio migliore è dal Col de la Nouva o Col de l’Arietta (les deux se disent) fino a Ronco, cosa che implica un viaggio di otto ore a piedi o sui muli.
La stessa locanda di Cogne è suscettibile di notevoli miglioramenti sebbene anche adesso, con un bel clima, una mente contenta troverà ben poco di cui lamentarsi.”
Ecco, dunque, una bella pennellata di Cogne proprio agli albori di quel turismo di massa che ha contribuito progressivamente a renderla famosa.
Insomma... avete mai sentito parlare di Cogne?
(1) Si intende la “guida Murray” uno dei volumi tascabili scritti dal viaggiatore inglese John Murray III (1808-1892). (2) Si tratta ovviamente del Prato di Sant’Orso. (3) Douglas William Freshfield (1845-1934) è stato un alpinista inglese. (4) Comune svizzero dell’Alta Engadina.