Se prima non si conosce, non si può poi riconoscere... l’autonomia
Nel celebrare il ricordo di Emile Chanoux, trucidato per mano nazifascista il 18 maggio 1944 quando aveva 38 anni, mi piace ricordare un articolo da lui scritto nell’estate del 1923.(1)
Per comporre quel pezzo, il giovanissimo Chanoux fu stimolato da una delle frasi che apparivano a mo’ di manchette
sulla prima pagina di ciascun numero del giornale parigino degli immigrati valdostani; spazi che ad ogni edizione presentavano un contenuto diverso.
Ecco cosa lesse, e lo ispirò, quella volta: Si pour conserver nos traditions et notre caractère Valdôtain il vous fallait supporter des contradictions et même rencontrer des persécutions, le feriez-vous?(2)
Chanoux, senza esitazione e forse di getto, replicò scrivendo un interessante trafiletto: Oui, je réponds, et je crois répondre au nom de tous les vrais Valdôtains; je réponds sans hésitation, sans un doute.
Fin dall’esordio del suo articolo emerge chiara in lui l’idea di mettere subito in campo ogni tipo di strategia per salvaguardare il carattere identitario dei valdostani, partendo dal conoscere le nostre radici e poi dall’agire tutti insieme; la storia locale, infatti, è uno dei tanti modi per diffondere i caratteri propri dell’identità valdostana.
Di quelle riflessioni pubblicate 100 anni fa, oggi ci si accorge che quella sorta di esprit de communauté
evocato con tanto fervore da Chanoux non è ancora un fatto compiuto.
Anzi, molti in mezzo a noi confondono ancora il particolarismo valdostano con la moderna autonomia o l’autonomismo, dimenticando, invece, che il nostro modo di essere è frutto di un patrimonio antico di consuetudini che ci ha forgiato nel corso dei secoli.
Non è preciso, dunque, confondere l’identità valdostana, o la valdostanità, con l’autonomismo o con l’autonomia.
Lo Statuto speciale, infatti, non è altro che un insieme di norme vigenti concessoci dalla Repubblica, regole di autogoverno che in parte recepiscono alcune di quelle sfumature tipiche della nostra identità.
In sintesi, l’autonomia non è altro che una forma particolare di autogoverno, patrimonio di tutti i cittadini; Statuto speciale e Costituzione italiana, è noto, sono norme e non programmi politici; sono strumenti regolamentari di valore e di principio, ma non di aspirazione...
Può l’autonomismo continuare ad essere una caratteristica propria di una sola parte dei valdostani o di una frazione del corpo elettorale? Questo modo di vedere non determina forse tra i cittadini una frattura tale da allontanare molti di essi dai temi legati all’identità locale?
Qualcuno potrebbe replicare sostenendo che, tuttavia, l’autonomismo deve essere continuamente difeso. E' vero! Ma se i fondamenti che lo hanno promosso fossero conosciuti meglio e appartenessero veramente a tutti come un valore comune e condiviso, anziché come una proprietà politica, non sarebbe meglio e, nel caso eventuale, più difendibile?
In tal modo, la contrapposizione politica non si svolgerebbe più tra autonomisti e “resto del mondo”, ma si concentrerebbe su come ogni forza partitica, nella sua particolare visione, intende interpretare i valori legati all’autonomia e alla difesa del sistema identitario valdostano.
Altrimenti, si rischia di far percepire alla popolazione locale che lo spirito proprio della Valle d'Aosta sia diventato qualcosa di anacronistico o settario; il copridivano sgualcito di un logoro sofà.
Gli ideali, comunque, come sosteneva Chanoux, vanno rintracciati, risvegliati, salvaguardati e condivisi tra tutti.
Questa è un’azione che andrebbe perseguita indipendentemente dagli eletti, la cui funzione dovrebbe essere quella di rappresentare le varie istanze della nostra comunità nei differenti consessi.
Insomma, le necessità dei cittadini e le sensibilità politiche locali, nelle loro mille e diverse sfumature, non vanno appuntate come medaglie sulla giacca di chi si sentirebbe “più autonomista”, ma attraverso la strategia di costruire una comunità valdostana più coesa e consapevole del suo essere, in grado di rispondere ai suoi bisogni, di salvaguardare e promuovere il suo particolarismo, la sua identità e, soprattutto, di usare il buonsenso.
Diffondere i perché dell'autonomia, la necessità dell'autogoverno e il diritto all'autodeterminazione...
(1) La Vallée d’Aoste, 25 agosto 1923. (2) La domanda apparve sulla manchette destra dell’edizione del 30 giugno di quell’anno.