Le croci in montagna
Il giornale
Le Duché d’Aoste
110 anni fa pubblicò un interessante articolo intitolato
La Croix dans la Vallée d’Aoste.
(1)
A.R., il giornalista firmatario, spiegò ai lettori di dedicare quelle colonne alla storia della Croce, che i padri della Chiesa e i grandi scrittori del Cristianesimo avevano definito come il massimo emblema della religione. “Se rimanessimo in silenzio, la nostra storia religiosa protesterebbe e le croci che sono ovunque nella nostra Vallée parlerebbero al nostro posto” (Si nous nous taisions, notre histoire religieuse protesterait et les croix qui sont partout dans notre Vallée parleraient à notre place), dichiarò l’articolista.
“Già nel IV secolo, durante il regno degli imperatori Costantino e Teodosio, vediamo i nostri missionari e i nostri primi vescovi porre la croce ovunque, dopo aver rimosso le immagini delle divinità pagane.
Nell’XI secolo, San Bernardo di Aosta, frequentando i colli valdostani più importanti, installò questo emblema di libertà e carità. Successivamente, i nostri antenati posero un crocifisso sotto la volta dell’Arco d’Augusto, ponendo così la città di Aosta sotto la protezione di Gesù. Nel XVI secolo, in ricordo della fuga di Calvino, fu eretta una croce monumentale al centro della nostra città.
Sin dai tempi antichi, la croce di Gesù proteggeva le case, si ergeva lungo le strade, dominava le torri e svettava sui vecchi campanili. La si vedeva un po’ ovunque.
Ma è soprattutto all’inizio del Novecento che le inaugurazioni delle croci sulle montagne si sono moltiplicate per volontà popolare.
Nel tempo, per esempio, la croce ha preso possesso della cima d’Aver, del bacino di Châtillon, dello sperone che sovrasta Introd e Villeneuve. È stata collocata su un monolito naturale a Rhêmes-Notre-Dame e, nonostante le difficoltà di ogni genere, dal settembre 1902 essa si innalza anche sulla piramide del Cervino.
Tuttavia, non bisogna pensare che l’erezione delle croci sulle alture sia iniziata solo di recente.
Da molto tempo, ad esempio, gli abitanti di Gignod e di Excenex si recano in processione ai piedi della croce della Fourclaz e da circa 100 anni svetta una grande croce sulla cima del Mont-Chétif, vicino al Monte Bianco.
Per i nostri antenati, il segno della croce santificava ogni aspetto della vita intima. Uscendo dalla chiesa, i fedeli benedicevano, mentre pregavano, la tomba dei loro defunti, tracciavano il segno della croce sul pane che infornavano e, dopo la semina, prima di andarsene, piantavano una piccola croce di legno nel mezzo del campo. Sono gesti commoventi che dovrebbero essere conservati!”. Così raccontava A.R.
Indubbiamente, la croce è rappresentativa di una parte del mondo, così come lo sono altri milioni di simboli che caratterizzano l’infinita varietà dell’umanità. Pertanto, alla luce delle contestazioni che ogni tanto infiammano riguardo all’esibizione delle simbologie religiose, si dovrebbe rispettare una grande regola: tutti i simboli, che siano di natura etnica, religiosa o altro, vanno rispettati, ad eccezione di quelli associati a dittature e violenze.
Rimuovere o vietare, ad esempio, le croci in cima alle montagne, come qualcuno sembra aver prospettato di recente ritenendole anacronistiche, non trova alcuna giustificazione. Non solo una scelta del genere mancherebbe di rispetto verso coloro che interpretano la croce non come un segno di fede, ma prima di tutto verso i credenti; inoltre, contribuirebbe a un processo di globalizzazione non necessario, anzi.
Il rispetto per le altre civiltà non consiste nell’annientarsi o cancellare la propria cultura come se fosse qualcosa di sbagliato. Credo che nessuno vorrebbe che un altro popolo o comunità religiosa rinunciasse ai propri riti e simboli in nome dei nostri gusti diversi dai loro.
Il vero rispetto reciproco risiede nel comprendere e accettare le differenze culturali, religiose, etniche, ecc. preservando l’identità e la libertà di ciascuna comunità.
Copertina: la grande croce posta nel mezzo del Prato di Sant'Orso a Cogne (Valle d'Aosta).
(1) Le Duché d’Aoste, 20 agosto 1913.