Manca lo spirito di essere Comunità
Il principio e la capacità all’autogoverno in Valle d’Aosta sono questioni molto antiche, ma l’oggi - un po' perso nel pensiero unico o globale - tende a generalizzare e a stereotipare il passato anche facendoci dimenticare da dove veniamo.
Infatti, temi quali l’autonomia, l’autogoverno, il federalismo, il ruolo dei Comuni, la provincia
(inesistente) di Aosta e perfino le funzioni prefettizie, hanno radici così lontane nel tempo che dovrebbero farci capire come l’attuale Statuto Speciale
(1948) sia stato una conquista lunga e faticosa e non un privilegio come vorrebbe qualcuno.
Oggigiorno, oltre al pericolo di dimenticare il nostro particolarismo o anche il "solo" fatto di essere Comunità, il rischio è anche quello di perdere di vista il pensiero e l’azione di chi - forte del passato - ha teorizzato e combattuto per dare (o continuare a dare) alla Valle d’Aosta una qualche forma di autogoverno.
E’ il caso, per citare uno dei tanti esempi, di César-Emmanuel Grappein (Cogne, 1772-1855), che è stato uno degli anticipatori dell’autonomia moderna e il sintetizzatore di quel particolarismo locale che lo Stato anche allora voleva spegnere.
Intorno alla fine del Settecento, infatti, l’onda accentratrice dei Savoia - interessati a uniformare le norme in vigore in tutto il Regno di Sardegna - fece
tabula
rasa
di tutte le peculiarità giuridiche in vigore da secoli in Valle d’Aosta.
Dopodiché, la Rivoluzione Francese, l’Impero napoleonico, il Congresso di Vienna e i vari Moti - che in pochi decenni si avvicendarono infiammando lo scacchiere europeo - mutarono ulteriormente gli aspetti sociali, economici, geografici e politici del continente.
Se, infatti, nel 1818 la Valle d’Aosta fu dapprima eretta come Divisione
(rappresentando, così, la forma amministrativa più alta data ad un territorio e quasi assimilabile alla veste delle odierne regioni italiane, nel 1848 un nuovo assetto territoriale dello Stato sabaudo la subordinò al Piemonte come una sua semplice provincia.
Quel nuovo assetto amministrativo sollevò immediatamente un forte coro di proteste.
Sul giornale Feuille d’Annonces d’Aoste
del 30 aprile 1849, per esempio, veniva chiesto quale fosse il senso del termine “Stati Sardi” se non voler enunciare la presenza di un insieme di nazioni, tra cui la Valle d’Aosta.(1)
Il fatto di perdere l’autonomia amministrativa, dunque, toccò profondamente gli animi dei valdostani, talmente tanto che diversi uomini di cultura dell’epoca prospettarono e progettarono forme di riorganizzazione e di gestione autonoma del territorio.
E’ il caso, come anticipato, del dottor Grappein
che proprio nel 1848 approntò un "Codice amministrativo per la Valle d'Aosta"; l’anno successivo fu poi la volta delle Lois organiques d’une nouvelle administration plus locale, plus indépendante et convenable pour les communes de la Vallée d’Aoste
insieme a uno statuto composto da 26 articoli sull’organizzazione comunale e indirizzato all’attenzione di Sua Maestà.
Nell’articolo primo del "Codice" si enuncia la necessità, per uno Stato fondato su leggi generali, anche della presenza di règlements particuliers
adatti per i territori e per le province, considerato che chaque société particulière forme un monde séparé.
Richiamando gli esempi federali
statunitense e svizzero, Grappein soggiungeva di come “non esista una società ben amministrata come quella che si autogoverna”, anticipando per molti versi alcuni principi federalisti propugnati da Emile Chanoux (1906-1944) nel secolo successivo.
Nella ricostruzione amministrativa, secondo Grappein in Valle d’Aosta si sarebbe dovuto ripartire dai Comuni, l’entità più piccola ma più rappresentativa presso cui tutti i capifamiglia avrebbero dovuto concorrere al benessere collettivo.
Relativamente alla provincia, invece, egli riteneva inutile la reggenza affidata ad intendenti
“calati dall’alto” che considerava dei pachas qui pillent les communes et les provinces avec leurs mandats d’office, ritenendo utile sostituirli con un consiglio formato da cinque membri; ... tema attualissimo, oggi, quello del "prefetto" (inesistente) in Valle d'Aosta...
Queste erano le idee portate avanti da Grappein quando indirizzava i suoi scritti al Re, al quale chiedeva di approvare tali proposte di riforma, affinché venissero abolite quelle in vigore, responsabili a suo dire di aver portato miseria e difficoltà in Valle d’Aosta. Situazione, peraltro, da collegare all’abolizione degli antichi usi e costumi che, come visto in precedenza, erano stati cancellati verso la fine del Settecento:
Il faut ressusciter l’esprit de localité contre l’esprit de centralité, egli sosteneva nel 1848.
Con buona pace dei “benaltristi”, per l’ennesima volta ribadisco come i tempi siano propizi per un confronto sul destino della Valle d’Aosta affinché si ritrovi quello Spirito di Comunità, quell'obiettivo di pieno autogoverno valdostano e quell'idea di federalismo per un'Europa fatta di Comunità e più solidale; tutte tematiche tramite le quali anelare un diverso futuro rispetto al regime di belle endormie valdôtaine
di oggi.
(1) Quest’ultima qui forme une province, qui a des liens communs, des intérêts particuliers, des habitants propres et qui fut toujours une société distincte des autres pays par son origine, son caractére, ses moeurs, ses besoins, ses usages et sa langue
doveva, dunque, considerarsi una nazione, uno Stato.
- Parte delle informazioni storiche sono tratte da Idee, aspirazioni e percorso di autogoverno valdostano. La lungimiranza di un piccolo popolo
(2018) di M. Caniggia Nicolotti e L. Poggianti, pp. 38-45.